Cento terabit di Marte

Alla vigilia del suo quarto anno di servizio, Mars Reconaissance Orbiter (MRO), l’ultimo satellite della Nasa dedicato allo studio di Marte, ha tagliato un traguardo decisamente storico nella cattura dati: 100 terabit, cento mila miliardi di bit. Oltre tre volte la quantità di dati raccolta da tutte le missioni spaziali messe insieme, non solo quelle su Marte, ma da ogni missione che ha oltrepassato l’orbita della Luna. Basti pensare che in 100.000 miliardi di bit sono racchiuse più informazioni che in 35 ore di video non compresso e ad altissima risoluzione o in 30.000 canzoni in formato mp3.  ”Ciò che colpisce di più non è la quantità di dati in sé, piuttosto la qualità di ciò che essi ci dicono circa i nostri pianeti vicini”, ha detto il Project Scientist del Mars Reconnaissance Orbiter, Rich Zurek, del Jet Propulsion Laboratory Nasa di Pasadena, in California.

“Questa enorme mole di dati significa in termini reali la migliore qualità e dettaglio delle immagini del suolo di Marte mai ottenuto e, per noi in particolare, la scansione dettagliata del sottosuolo effettuata dal nostro radar SHARAD” commenta a sua volta Enrico Flamini, chief scientist dell’ASI. “MRO ha alzato di molto l’asticella delle capacità di fornire dati per le missioni di esplorazione future.”

Il veicolo spaziale MRO è entrato nell’orbita di Marte il 10 marzo 2006, in seguito al lancio avvenuto il 12 agosto 2005 dalla Florida. Nel 2008 ha concluso la fase scientifica principale della missione e ora sta conducendo ricerche sulla superficie, il sottosuolo e l’atmosfera del Pianeta rosso. Il satellite ha un’antenna parabolica del diametro di 3 metri che utilizza per trasmettere i dati a terra con un flusso di 6 megabit al secondo. La sua dotazione scientifica si compone di 3 fotocamere, uno spettrometro per l’identificazione di minerali, un radar a penetrazione del sottosuolo e una sonda atmosferica.


La possibilità di trasmettere a terra una enorme quantità di dati permette a questi strumenti di osservare Marte con una risoluzione spaziale senza precedenti. La metà del pianeta è stata mappata a 6 metri per pixel e circa l’uno per cento del pianeta è stato osservato a circa 30 centimetri per pixel, quanto basta per distinguere oggetti della grandezza di una scrivania. Il radar, fornito dall’Agenzia Spaziale Italiana, ha “guardato” sotto la superficie del pianeta producendo 6.500 “observing strips”, campionando circa metà del pianeta.

Tra le scoperte più importanti realizzate dalla missione vi è quella riguardante l’azione dell’acqua sulla superficie di Marte e nel primo sottosuolo. Attività durata per centinaia di milioni di anni e che ha interessato sicuramente alcune regioni e forse l’intero pianeta, sebbene probabilmente a fase alterne. Il veicolo spaziale ha anche osservato i segni di una molteplicità di ambienti d’acqua, alcuni acidi altri alcalini, delineando la possibilità dell’esistenza di luoghi su Marte in grado di rivelare le prove di una vita passata, se mai ve ne sia stata.

Fonte: Media INAF

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