Tra le mie letture estive è recentemente capitato il libro “The Facebook Effect”. Il volume è una dettagliatissima (anche troppo, forse) storia di come il famoso social network si è sviluppato e ha preso via via “il volo”, ben oltre l’ambito dei campus universitari dove era stato ideato, oltre le aspettative degli stessi ideatori. Nel libro ho già colto diversi punti di interesse (tra i quali, ma vorrei ritornarci, il ruolo chiave del software open source che ha permesso che l’idea di Facebook si sviluppasse, con il solo costo dei server usati per ospitare il sito. Uno studente “normale” comeMark Zuckerbergnon avrebbe potuto permettersi – a suo tempo- costose licenze).
Facebook, piaccia o meno, è ormai una sorta di “standard” per il web. Trasmissioni radiofoniche e televisive, testate giornalistiche, autori letterari e poeti, scienziati e istituzioni come la NASA (e mille altre) hanno la loro pagina facebook, spesso eletta a strumento principe per l’interazione con il pubblico.
Molte persone che usano Facebook non si intendono di web2.0 e delle sue sottigliezze (nemmeno conoscono Twitter, sovente). Dire “non mi piace facebook” è ormai come dire “non mi piace la posta elettronica”. Può essere bellissimo o terribile (a seconda dei punti di vista), ma con buona pace di tutti, allo stato attuale è semplicemente uno standard.
Se Facebook è un “gigante”, l’altro gigante del web attuale, Google, non sta a guardare. Nonostante abbia compiuto diversi errori strategici e scelte opinabili (i tentativi “sociali” con Jaiku, la chiusura di Wave, la gestione bizzarra di Buzz con tutti i problemi di privacy sollevati inizialmente), continua a cercare la strada per un social network che possa insidiare Facebook. La vera battaglia è questa (e in palio vi è il controllo della pubblicità su web, mica bruscolini). Anche Facebook non è ferma sugli allori ma continua a lavorare per migliorare l’esperienza di navigazione sul suo sito.
Insomma, i contendenti affilano le armi. C’è del positivo, in questo: lo sforzo tecnologico e innovativo derivato da questa rincorsa è notevole, e dovrebbe produrre risultati interessanti. Un ovvio appunto, ma significativo, è che sono entrambe aziende che – guarda caso – si sono ampiamente e dichiaratamente basate sul software e sulla filosofia open source. Poi dicono che non paga…
Ma ormai i tempi sono maturi. Gli eserciti schierati: la vera battaglia sta per iniziare. Noi utenti stiamo a guardare (e a sperimentare).