Uno può dire, leggendo questo post: ecco alla fine ci si abitua a tutto. E probabilmente avrebbe una parte di ragione. Anche perché come spesso accade, dopo una certa asserzione viene anche il momento di correggere il tiro. Se dunque a metà novembre scrivevo circa l’eccessivo minimalismo di iOS7, l’ultima versione del sistema operativo mobile di Apple, oggi un po’ a sorpresa dico che mi comincio a trovare abbastanza bene…
Dunque, la lezione potrebbe essere, mai fidarsi dei blog e di chi vi scrive! Il fatto è questo, in ogni caso: comincio ad abituarmi. Inizio a trovare interessante e gradevole lo stile di iOS7, così minimalista e così bianco. Averci a che fare tutti i giorni, sull’iPhone e sull’iPad, sicuramente aiuta. Uno comincia a vedere le cose in maniera diversa. E perfino il meraviglioso stile di iOS6, ora, inizia a sembrarmi un po’… vecchio!
Il mondo digitale e quello fisico vanno ognuno per la sua strada, ormai…
Photo Credit: angelocesare via Compfight cc
Comunque prima o poi doveva avvenire, a pensarci bene. iOS6 era graficamente delizioso, spumeggiante e quasi barocco, in certe sue rappresentazioni. L’idea centrale era (secondo me): riprodurre il mondo reale nella sua proiezione virtuale, con tutta la precisione e la sontuosità possibile. Così – ad esempio – il blocco note era veramente realizzato a guisa di un blocchettino per appunti, uno di quelli del mondo fisico, per capirci. Con carta gialla e righette e tutto il resto. Dell’applicazione iBook, per la lettura dei libri digitali, abbiamo già parlato. Veramente la cosa che meglio mappava un libro reale dentro il mondo virtuale: il modello fisico era seguito con tenacia e perfezione, con tanto di ombreggiature ai bordi, costina ombrata in mezzo alle pagine. Un gran pezzo di software, dava la pista all’applicazione Kindle e a tutte le altre che ho provato (e non sono poche).
Perché appunto l’idea era quella: il virtuale deve essere una rappresentazione quanto più possibile accurata del mondo reale. La gente si deve trovare a suo agio, nel passaggio al virtuale. Deve trovare qualcosa che le ricordi il più possibile il corrispettivo esistente nel mondo fisico.
L’idea. E appunto quella, quella ora è cambiata. Alla base di iOS7, si capisce dopo un po’ che uno lo usa, è un altro concetto omogeneo e ben definito, direi compatto (magari discutibile nelle implementazioni, al massimo). Il concetto è che non serve più un aggancio al mondo fisico, ormai. Il mondo virtuale ha una sua piena dignità e si può assumere una sua sufficiente frequentazione da parte dei più.
Dunque non servirà più modellare un blocchetto per appunti, in iOS7. Si farà la cosa più semplice possibile, a vantaggio dell’usabilità: schermo bianco, stile piatto. Lo stesso per i libri. La metafora del libro vero era attraente, ma toglieva spazio e dunque in questo nuovo paradigma non aveva più senso. Anche perché lo stesso libro digitale si è svincolato dal suo corrispettivo fisico: niente è più costretto a somigliare ad un oggetto esistente.
Il che a volte spiazza. A me all’inizio non mi garbava perdere questa connessione tra mondo fisico e corrispettivo virtuale, devo dire la verità. Ma poi ti abitui… e anzi ti sembra gradevole. Il fattore abitudine, al di là di tutto, è determinante. Forse il fatto è semplicemente questo, che ci vuole tempo per assimilare una idea, percepire l’unità del concetto dietro la molteplicità delle sue manifestazioni. Così anche alcune scelte che qualche settimana fa mi sembravano sciatte – come quella di sostituire i pulsanti con semplici scritte – ora mi sono diventate gradevoli. E poi capisco anche perché: fa tutto parte della stessa idea di fondo, che sottende le singole scelte grafiche. Perché disegnare un finto pulsante ? Non ha senso nel nuovo concept. Non ci sono più copie finte di oggetti fisici. Dunque una scritta “cliccabile” è sufficiente. Ma questo lo capisco solo dopo. Dopo, quando cerco di rendermi ragione delle mie impressioni di uso.
Così come a mano a mano che le applicazioni di terze parti si aggiornano per iOS7, l’ambiente diventa ancora più omogeneo e coeso. La stessa filosofia è alla base della molteplicità delle sue rappresentazioni, della sue “incarnazioni” nelle varie app. E- bisogna dirlo – viene realizzata in maniera coerente e sufficientemente completa.
Forse ci metto anch’io un pochino a cambiare paradigma. Ma lo sto facendo, lo sto facendo…