Twitter, Facebook e le olimpiadi

Ormai le oscillazioni sono finite, il sistema è stabilizzato. E credo che rimarrà così per un bel pezzo. Ci sono due social network – o al massimo due e mezzo, se vogliamo. I due social, lo sappiamo tutti, sono Facebook e Twitter. Il mezzo, se vogliamo considerarlo così, è Google Plus. Google sta spingendo tanto il suo clone di Facebook (con qualche differenza in meglio e qualcuna in peggio) ma la mia sensazione è che sia comunque arrivata troppo tardi, quando la convergenza universale verso Facebook aveva già tagliato fuori le varie alternative. E ridotto drasticamente la varietà di possibili opzioni, anche future. 

Mi viene in mente questi sere seguendo (a volte distrattamente) le trasmissioni di Sky relative alle olimpiadi invernali in corso di svolgimento. Anche se sono intento a fare altro, la mia mente filtra le parole interessanti, e soprattutto mi colpisce come – in diverse occasioni – rilancino diverse volte l’hashtag per comunicare messaggi alla redazione via Twitter.

Questo mi fa capire bene quanto sia cambiato il mondo informatico, rispetto a pochi, pochissimi anni fa. Quanto all’esplosione di piattaforme e di possibilità si sia succeduto rapidamente una fase contrattiva, dove tutto l’interesse si è raggrumato rapidamente intorno a pochissime piattaforme. 

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 Ormai non sembra vi siano molte altre possibili direzioni…

Facebook e Twitter, lo sappiamo. I due hanno staccato tutti gli altri e sono da tempo in volata (anche perché quasi tutti gli altri… sono morti, informaticamente parlando). Difficile a questo punto pensare di riprenderli. Google Plus sta provando a staccarsi dal gruppo e tirare, raggiungerli nella volata. Ha dietro la forza di Google, un gigante della rete. Anzi, il gigante. 

Ma l’impressione inevitabile, è che abbia iniziato a correre troppo tardi. 

Intanto che Google si chiedeva cosa fare, provava con l’acquisizione di Jaiku, con Buzz… La condensazione si stava verificando. La direzione delle cose si stava delineando… 

Per la televisione, per i giornali, i network sono solo due, solo i due che hanno fatto la volata. La gente in media non ha voglia di lambiccarsi il cervello con altre piattaforme, con altri modi di fare le cose. Soprattutto, non vede la necessità di andare in un posto diverso da dove trova più facilmente i suoi amici. Difficile non essere su Facebook: è possibile, ma è diventato quasi uno snobismo, un po’ come non possedere un telefono cellulare, in qualche modo. Un modo per differenziarsi, insomma.

La persona “normale” (trattasi di persona non fissata sull’analisi di pro e contro delle varie piattaforme sociali in Internet) trova i sui amici su Facebook, poi non è che gli importa troppo sapere, ad esempio, se il meccanismo biunivoco di amicizia di Facebook è meglio o peggio dello schema di Twitter di followers e following. Che ci vado a fare su G+ se i miei amici sono altrove? E’ come andare a prendere un aperitivo in un bar bellissimo ma vuoto mentre i tuoi amici magari stanno al baretto “scarruffato” all’altro angolo della strada. Meglio andare lì, no?

Perché poi abbiano fatto loro due la volata, e non altri, rimane ampiamente materia di dibattito. Un po’ come chiedersi perché a suo tempo il VHS ha vinto sul Betamax (se non capite di cosa parlo tranquilli, vuol solo dire che siete beatamente giovani). Di cose interessanti ne sono fiorite: Identi.ca, Jaiku, Quaiku… e tanti altri che ora nemmeno ricordo. Che come early adopter, ho provato, ho esplorato… e poi li ho visti pian piano deperire, assottigliarsi, annaspare… morire. Il dispiacere più grande sono stati Jaiku e Qaiku. Avevano molte caratteristiche interessanti. Ma è andata così. Penso da un certo punto di vista, abbia vinto la semplicità, perfino la povertà di opzioni, in certi casi.

Doveva succedere. C’è una indubbia convenienza ad essere tutti su un paio di social network. E’ facile trovarsi. Quello che ci siamo persi, è questo: la nozione che c’è più di un modo per farlo, per prendere a prestito il motto assai efficace del linguaggio PERL. Ormai pensiamo “stile Facebook” … le amicizie, i gruppi, i commenti. Pensiamo possa essere soltanto così. 

Macché. Piuttosto, la nostra forma mentis si è sagomata sull’architettura di Facebook.

Un poco come quando la gente confondeva computer con Windows, oppure browser con Internet Explorer. Sfuggiva il fatto che ci fossero più modi per interagire con il computer (linux, Unix, Mac OS….) o per navigare in Internet (Firefox, Safari, Opera…). La mente si adeguava allo scenario conosciuto e lo veniva piano piano a considerare come l’unico possibile. 

Adesso accade più o meno la stessa cosa, con i social network. La cosa ha appunto molti vantaggi, ma accanto ad essi rimane un cruccio – almeno per chi scrive. Che la varietà che era esplosa qualche anno fa, si sia contratta, si sia ripiegata e annullata. Ovviamente è una generalizzazione, suscettibile di eccezioni e approfondimenti: vediamo bene che sono sorti in tempi recenti altre realtà interessanti, come Instagram, Tumblr, etc. 

Tutto vero. Ma se accendete la televisione su Sky olimpiadi, per dire, per comunicare con la redazione, vi daranno l’hashtag  per Twitter. Se tornate dal lavoro e ascoltate RadiTre (per darvi un tono piuttosto culturale, anche se siete in macchina da soli e comunque non se ne accorge nessuno) ogni trasmissione del pomeriggio si aprirà fornendovi il suo riferimento su Facebook. 

Questo è.

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Pubblicato da Marco Castellani

Marco Castellani, astronomo, divulgatore, scrittore

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