Non nego che se qualcuno mi regalasse l’iPhone 6 (prendete nota) gli sarei grato per un congruo numero di mesi. Non nego che l’oggetto abbia una certa attrattiva nel mio spazio mentale. Assolutamente. A parte il fatto che i grafici Apple sono bravissimi a presentare i prodotti in modo da sollecitare le tue ghiandole salivari, con queste paginette eleganti (poi copiate da Google e da Amazon, basta che vi fate un giro sulle presentazioni del Kindle o del Nexus 7 per notarlo con chiarezza rocciosa e definitiva).
Non lo posso negare. Non c’è confronto che tenga, ancora. L’iPhone è elegante. E soprattutto, fa girare il software che voglio io (DayOne, sappilo: è quasi tutta colpa tua).
Questo per ribadire la mia vicinanza emotiva alla faccenda iPhone.
Però c’è qualcosa che non mi torna, c’è qualcosa che mi rimane un po’ qui. Insomma, non riesce ad essere digerita bene.
Cerco di capire. Di razionalizzare.
Ecco.
Tutta questa cosa di pensare differente, insomma ora come la mettiamo?
Prima l’iPad mini, quando Steve aveva sostenuto che uno schermo minore di 10’ non aveva senso. Vabbé. E’ un bell’oggetto, d’accordo. Sia pure.
Però una cosa rimaneva. Una certezza, per noi utenti Apple. Il formato del telefono. Non ha senso lo schermo sopra i quattro pollici. Non deve avere senso. Tutta la storia che uno schermo piccolo è più pratico, entra in tasca, lo tieni in mano e con il pollice arrivi dappertutto. Per le altre cose c’è l’iPad, non bisogna confonderci. Il telefono deve essere compatto.
Ok, va bene, ci credo.
E’ sempre il solito problema: le dimensioni contano? E quanto?
Così passi mesi a guardare questi ragazzotti con i padelloni Samsung o gli Xperia della Sony, e trattieni qualche episodico moto di invida, cercando di ragionare, pensando loro in fondo non hanno ancora capito. Certo ogni tanto ti sorprendi a pensare a come sarebbe guardare delle foto su uno schermo più grande, ma poi ti riprendi e capisci. “E’ un inganno, ragiona. Lo schermo dell’iPhone è quello giusto. E’ quello che ti serve.”
Perlomeno hai un punto di certezza, un conforto oggettivo. Gli iPhone sono tutti così. Certo dal cinque in poi si è un poì allungato lo schermo, ma è poca cosa. Una concessione minima, la larghezza è quella. La nostra filosofia è consistente, non ha motivo di cedimento. I padelloni Samsung (oh, così brillanti… e guarda come si vede bene…) sono in fondo una manifestazione di immaturità, di superficialità tecnologica. E’ un problema, dopotutto, di scarsa consapevolezza.
Sì sembrano belli anche a me, quando non ragiono…
Prima o poi, capiranno.
Inoltre, io ho le mie belle app pensate appositamente per questo schermo da 4 pollici. Gli utenti Android sono afflitti dal famoso problema della frammentazione dei dispositivi (ogni utente Apple deve impararlo bene), per cui alla fine una cosa che va bene a tutti (gli schermi) non è realmente ottimizzata per nessuno. Ricordiamocelo.
Questo quadro mentale semi-stabile può andare avanti per mesi. Alla fine sei quasi tranquillo, hai le tue belle convinzioni che tutto sommato tengono. Vacillano ogni tanto, ma tengono. Dopotutto si tratta di pensare differente dalle logiche del mercato. Noi abbiamo una filosofia, un modo di vedere il mondo: non è tutta questione di vendite. Non può esserlo. C’è dell’altro.
Poi arrivano i rumors di un iPhone più grande. Lasciamo stare, sono indiscrezioni, da verificare. Tocca vedere…
Poi arriva il Keynote. Settembre, nove.
Eccoli.
E qui c’è il crollo. iPhone 6. Molto più che più grande.
Ma come sarebbe? Un modello da 5.5 pollici? E tutta la storia del display troppo grande?
Intendiamoci. E’ sicuramente un gioiellino. Anzi, un gioiello: anche nel prezzo.
Però rimango con un fondo di amarezza.
A forza di pensare diverso, a volte – azzardo – si può perfino tornare a pensare uguale.