No, non si parla del seguito del celebre romanzo I tre moschettieri, di Alessandro Dumas, ma del fatto che Google compie venti anni, e lo fa esattamente oggi. Questa è una delle (non troppo frequenti) occasioni in cui uno può utilmente vantare la sua età non proprio minima per articolare una riflessione ampia sul fenomeno.
Se non altro, perché, insomma, lui c’era.
Infatti. Io c’ero. Venti anni sono tanti. Vuol dire che molte persone sono nate e vissute interamente nell’era Google, non sperimentando quel che c’era prima. Per non parlare delle persone che non hanno ricordi dell’era pre-Internet. D’accordo.
Ma ricordare l’epoca pre-Google è già, di per sé, scavare in un passato (informaticamente) remotissimo. Però può servire, può essere una testimonianza che non tutti possono produrre, di prima mano. Il fatto è questo, comunque: venti anni di Google inevitabilmente, rimandano a quel che c’era, prima.
Oggi cercare qualcosa è totalmente sinonimo di usare Google (con buona pace di Bing e dei simili tentativi). E’ automatico. Poi se uno cerca con Chrome, automaticamente chiama il motore di ricerca Google, quindi non se ne accorge nemmeno.
Eppure, prima, era diverso. Prima c’erano altri motori. C’è stato un tempo che cercare su Internet era sinonimo di cercare con Altavista. A molti questo nome non dirà nulla, Altavista. Eppure era il motore di ricerca su Internet, senza alternativa. Era come Google adesso, pari pari.
Poi venne l’epoca Yahoo!, o meglio di Internet 1.0. Era lo standard, Yahoo!, delle ricerche su Internet. E aveva piano piano costellato la sua offerta di tanti servizi aggiuntivi, gruppi, chat, giochi, storage (la famosa Valigetta Yahoo! antesignana di Drive, Dropbox, Onedrive e simili, repentinamente scomparsa). Tutte cose che sono appunto sparite o si sono congelate, come i Gruppi Yahoo!, residuo cristallino – quasi un fossile in ambra – una sorta di capsula impermeabile dell’epoca uno-punto-zero piovuta qui fino a noi, in un tunnel informatico, stranamente persistente.
Poi venne appunto l’epoca Google, che è quella che stiamo vivendo (con aggiunta di Facebook, se vogliamo, Microsoft e pochissimi altri soggetti). Non sappiamo quanto durerà e non sappiamo cosa verrà dopo. Non è chiaro, nemmeno, come queste diverse fasi si avvicendino, quando e perché un soggetto commerciale ceda il passo ad un altro.
Ma accade.
Così i venti anni di Google in realtà ci interrogano, a livello più profondo, a capire come mai Internet si è sviluppato e polarizzato in questo modo, ovvero agglomerandosi intorno a pochissime entità commerciali molto potenti, sacrificando quella meravigliosa (e un po’ anarchica) diversità che per molti begli anni è stata la sua principale caratteristica.
Google ha venti anni e Internet, di suo, ha messo la testa a posto. Anche troppo, secondo alcuni. Ha rinunciato ai sogni, ha abbracciato la logica commerciale (ormai intesa come inevitabile ed incontrastabile), ha perso iniziativa e spontaneità, ha depennato agevolmente l’entusiasmo degli inizi, dove bastava una buona idea per realizzare un progetto di successo sul web. Del resto, oggi il web è così complicato che nessuno, da solo, può sognarsi di realizzare niente.
Sarà una crescita, sicuramente, ma c’è anche tanto rimpianto, tanta nostalgia dei tempi passati. Google è maturo, ma noi ci permettiamo di rimpiangere i tempi in cui era ancora bambino.
Tempi in cui fiorivano mille e mille progetti, in cui ogni giorno sul web si incontrava, davvero, la creatività in azione. Oggi il commercio ha preso il posto dell’inventiva, non si sogna più come un tempo. E’ un business, Internet, non una palestra di invenzioni.
I giganti hanno spazzato via la panoplìa allegra ed irregolare dei piccoli.
Forse, un’altra epoca può arrivare, deve arrivare.
Se non smettiamo di sognare, però.