Il bello e (soprattutto) l’utile, nel testo digitale

Mi fermo volentieri sopra un articolo apparso su Kobo News (d’accordo, non un punto di vista esattamente imparziale sull’argomento) a firma di Enrico Pitzianti, perché si pone in modo un po’ diverso rispetto alla vulgata corrente, sul fatto che la lettura su carta sia per molti aspetti, migliore o più “appagante” rispetto a quella che si può fare sui dispositivi digitali, come un lettore ebook. 
E’ pur vero che in un certo senso, anche su questo blog, si è aperta qualche concessione alla specifica modalità della lettura su carta, cosa che non si intende ritrattare adesso. 
Leggere in digitale apre un mondo nuovo, ma non così sconfinato come sembra…
L’articolo è interessante perché si muove nell’ambito del pensiero complesso, che tiene conto della potenziale diversità dei fattori in gioco, della loro irriducibile variabilità. Ovvero, dire che un libro cartaceo “è meglio” semplicemente, è una semplificazione ormai inaccettabile. Dovremmo piuttosto dire che va visto, caso per caso. 

Un buon libro di solito viene con una copertina interessante, un titolo non banale, un packaging non troppo sciatto, ci fa presagire che ci sia qualcosa che vogliamo leggere, che ci interessa o ci serve sapere. Eppure i controesempi non si contano..

Il problema è tutto nel rapporto tra il contenitore ed il contenuto, e nel capire in che misura esiste e si sviluppa questo rapporto, in che percentuale questa fitta trama di scambio influenzi la fruizione del libro stesso. Abbiamo svincolato queste due entità, d’accordo: ma dobbiamo ancora abituarci alla faccenda. Ed è comprensibile, perché per secoli e secoli, il libro è stato definito, pensato, sognato, amato, nella sua (apparentemente) inscindibile unità di contenitore e contenuto, per l’appunto. 

La faccenda è sempre quella, volendo. E’ che noi rimaniamo abbastanza indietro alle nostre stesse innovazioni. Ideiamo delle cose nuove, è vero. Ma poi fatichiamo per assimilarle, per renderle davvero nostre, davvero parte integrante del nostro vivere. Ci vuole tempo per assimilare davvero un cambio di paradigma, e non appena, subirlo. 
Una cosa che a mio avviso rischia di essere fraintesa, invece è la considerazione riguardo la varietà dell’offerta digitale, 

sul digitale ci sono milioni di libri, spesso rarissimi o del tutto introvabili..

Purtroppo questo è vero appena in parte. Di fatto, moltissimi bei libri, ormai introvabili su carta, non sono mai stati trasportati in digitale, semplicemente perché nessuno ne ha mai rintracciato la convenienza. Sarebbe veramente bello disporre della maggior parte dei titoli mai prodotti e diffusi, nel formato elettronico, ma semplicemente questo non è. 
E probabilmente, non sarà mai. 
Questo è davvero un mio cruccio. Mi piacerebbe poter archiviare in digitale (e riprendere dunque in ogni momento) libri che ho incontrato nella mia vita e mi hanno dato qualcosa, o più di qualcosa. Magari in quel momento, per quel me stesso che ero, mi parlavano in modo particolare. Sicuramente libri con i quali ho intessuto un rapporto denso, saporito, pieno. Chessò, un romanzo tipo La cosa buffa di Giuseppe Berto (uscito nel 1967), oppure un saggio tipo Perché la vita è meravigliosa di Giovanni Martinetti (dato alle stampe nel 1978), tanto per dirne un paio tra i primi che mi vengono alla mente. 
Ora, a parte che – come una veloce indagine può testimoniare – questi due testi sono difficilmente reperibili anche come libri nuovi, non risultano assolutamente disponibili in alcuna versione digitale. Semplicemente, non sono, per quanto riguarda l’editoria elettronica. E siccome sono passati molti, molti anni dalla loro pubblicazione, è lecito temere che se non sono stati trasferiti in digitale finora, probabilmente non lo saranno mai. 
Questo introduce, in effetti, una seria preoccupazione di perdita di patrimonio conoscitivo. Sono testi (questi sono appena un esempio, ovviamente, potete fare varie prove con i libri per voi più fidati) fuori dall’ambito della archiviazione di conoscenza per riversamento in digitale. Temo questo, che man mano che l’abitudine a preservare i libri cartacei verrà vista sempre più come desueta, la probabilità di perdita di informazione secca, sarà destinata ad aumentare. 
Quindi, tornando a noi: è vero che ci sono moltissimi libri in digitale, milioni addirittura. Ma è altrettanto vero che tantissimi libri di valore aspettano, a volte con assai poca speranza, di rientrare in vita con l’immissione nel circuito digitale. 
Questo, non può essere lasciato solo alla libera iniziativa degli editori, che (giustamente) puntano al profitto. Questa operazione di conservazione e valorizzazione, dovrebbe fare parte di una opera di passaggio al ditigale effettuata senza scopo di lucro e supervisionata da persone di cultura, con lo scopo unico (e lodevolissimo) di preservare il sapere.  Esistono, certo, strumenti come Google Libri, ma c’è da chiedersi se possono (per vari vincoli di diritti o per altro) veramente essere la via per colmare queste lacune. 
La possibile risposta, ma c’è tanta varietà sui digitale, scegli qualcos’altro ultimamente non regge: e questo, proprio per quello che dice l’articolo, in chiusura,

ciò che conta non è leggere, ma cosa si legge.

Preservare la possibilità, per tutti, di dire voglio leggere esattamente quel libro (perché nel mio percorso ora mi serve questo, per studio, per mille altre ragioni), vuol dire preservare una grande libertà, per tutti.
Al di là delle valutazioni sulla differenza di stili di lettura, il digitale forse – come sua intima, anche se negletta vocazione – è chiamato proprio a questo.

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A che punto siamo?

E’ una domanda che viene spesso formulata, negli ambiti più diversi. C’è un ambito che prima  non veniva per nulla preso in esame, ed oggi può essere a buon diritto sbalzato agli onori della cronaca. Come qualcosa che devi considerare, come una cosa nuova che capita sotto la tua attenzione. Eppure è così, ed è tanto reale che una domanda semplice come a che punto siamo si diluisce in una mancanza di significato. O almeno, in un significato più allargato, ondivago, complesso.

E’ una geografia libresca che si ridefinisce e si stempera, allo stesso momento. Pensiamoci. Fino a ieri, indicare un punto determinato in un libro era molto facile. Si indicava la pagina e – se necessario – il capoverso. Il riferimento era chiaro e preciso, non c’era tema di sbagliare. È ancora così, per il libro di carta. Certo, a voler essere precisi, una ambiguità anona sussiste, perché c’è da considerare il caso di molteplici edizioni: la pagina dell’edizione rilegata non corrisponde a quella dell’edizione economica, tipicamente. Va bene. Basta aggiungere l’indicazione dell’edizione e comunque l’univocità dell’indicazione è di nuovo garantita.

Prepariamoci. Questa confortante rigorosità potrebbe essere presto un ricordo del passato.

Prendiamo il caso degli ebook. Sì, il tanto discusso libro digitale. Sembrerà strano, ma al momento non c’è un modo univoco per determinare una posizione all’interno del testo. Qui il digitale ha reso tutto molto più complesso, a differenza di analoghi passaggi al digitale, come il caso della musica. Il minuto 3.34 (dove parte quel favoloso assolo di batteria, oppure quel pieno orchestrale) in  un brano è rintracciabile sempre e comunque in maniera precisa – anzi, molto più precisa nel digitale che sul caro vecchio vinile. Sia che acquisto il brano da iTunes, da Google Play Music, o lo ascolto in streaming su Rdio (ancora meglio di Spotify), o quel che volete.

Facciamo il caso dei libri, invece. Di modi per indicare una posizione ve ne sono, certo. Ma sono troppi. 

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… a che pagina devo leggere per trovare i topi?

Photo Credit: Leo Laporte via Compfight cc

Ogni ecosistema ha il proprio. C’è Amazon che usa una numerazione tutta sua per individuare un punto, che invero risulta piuttosto dettagliata: considerando che un libro l’indice di Amazon va da zero a qualche migliaio, a seconda della lunghezza, si capisce come indicando una posizione, es. 563, si arriva con buona precisione al punto desiderato. Va detto che in alcuni libri Amazon indica anche un numero di pagina, che dovrebbe corrispondere all’edizione a stampa. ma più spesso questo (ancora) non avviene.

C’è iBooks – lo store di Apple – che indica il numero di pagine, considerando una pagina come quello che entra nello schermo del device scelto per la lettura. Attenzione che qui iniziano  i veri guai. Eh sì, perché questo all’apparenza è comodo, nella realtà rende  però impossibile indicare un punto preciso nel testo. Sì, perché basta ingrandire il carattere, ad esempio, per alterare la relazione del testo con il numero di pagina. Non parliamo poi dell’eventualità di aprire il libro su un apparecchio diverso!  

Dunque non c’è più una corrispondenza del testo con un qualche indice: non ha più senso dire “leggi quel pezzo a pagina 241, c’è il nome del colpevole” oppure “a pagina 1234 si svela il senso dell’universo, la vita e tutto quanto”. Non esiste più un contenuto univoco della pagina 241 o 1234, sono entità dinamiche le pagine, sempre cangianti. La stessa quantità totale di pagine di un libro, ora dipende dalla modalità con cui lo leggi: su uno smartphone possono essere migliaia, su un tablet molte molte di meno.

Anche tutti i rimandi interni al libro, tipo “vedi la nota a pag. 234” oppure “questo si tratterà estesamente a pag. 12345” sono completamente privi di valore, adesso.

Disdicevole.

Prendiamo poi Play Books di Google. Anche il gigante americano di Internet ha optato per una numerazione di pagina dinamica come unica indicazione del punto in cui si sta leggendo. Ovviamente in linea di massima non coincide con quella di Apple: diversi sono i caratteri, il loro numero per riga, e via di questo passo.

Va bene, direte voi. Rimaniamo calmi. Se leggo il testo su un’unico apparecchio, va tutto bene. Se poi è un Kindle, posso perfino indicare ad un’altra persona un punto specifico del libro. Che dire però di testi che magari si leggono su diversi apparecchi a seconda del momento? E soprattutto, come indicare ad una altra persona il punto specifico di un testo?

Prima appunto era semplice: pagina 15 era pagina 15, per chiunque. Ora non è più così. Ora se hai ceduto alla musa del digitale, se ti dicono leggi a pagina 15 tu non sai proprio cosa fare. 

Nell’epoca del digitale, una curiosa indeterminazione che parrebbe – ironia della sorte – tutta analogica…

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Sul leggere, oggi

Ci stavo pensando mentre ero immerso nella lettura di un romanzo, sul Kindle. Certo che la trasformazione a cui siamo chiamati adesso è veramente epocale. Sono secoli che usiamo i libri come veicolo di trasmissione del sapere, che sognamo, ci arrabbiamo, ci estasiamo, ci infervoriamo, eccitiamo e deprimiamo.  Attraverso i libri, impariamo a comprendere che c’è un abisso oltre il nostro orizzonte, cosicché quando si fa troppo piccolo possiamo di nuovo forzarlo a spalancarsi, a contatto con altre esperienze ed altre visioni del mondo, altri orizzonti… la somma di più orizzonti è un orizzonte finalmente vasto, vastissimo.

Tutto attraverso i libri. Tutto attraverso la parola scritta. Appunto, è stato così per secoli. 

E ora sta cambiando. Proprio adesso, una rivoluzione silenziosa sta accadendo. Morbida e silenziosa. Ma profonda.

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Libro o ebook? Questione di gusti. L’importante, dopotutto, è leggere…

Photo Credit: pedrosimoes7 via Compfight cc

Lo sappiamo, lo sanno tutti, sia gli entusiasti che i denigratori. Il libro digitale è inevitabilmente destinato a prendere il sopravvento. Sopratutto perché, innegabilmente, è comodo. Soprattutto da quando ho il Kindle con l’illuminazione, ho scoperto che è diventato comodissimo… troppo più comodo del libro di carta (lo so, lo so… la consistenza della carta, il suo profumo… ebbene sì, in ogni cambiamento si perde qualcosa, purtroppo). 

Basterebbe solo meditare sul fatto che orma puoi portarti una intera libreria in uno spazio piccolo e con un peso irrisorio.

Certo vi sono tante cose, nell’approccio con il libro, che ancora devono essere adeguatamente mappate nel nuovo sistema. Come un 33 giri lo cominciavi a valutare dall’analisi visiva dei solchi (qualcosa che i più maturi ricordano, una sapienza ormai passata, alla quale molte persone non accederanno mai), così il libro cartaceo indubbiamente ti restituisce una buona serie di informazioni tattili e visive ancora prima di essere letto.

La copertina. I colori, le scritte, la sua consistenza. Rigida, morbida. Plastificata o no. Con i bordini o a filo di pagina. Poi l’interno. La carta – appunto – il suo spessore, il suo colore. Mai uguale. La larghezza dei caratteri. Ecco, fermiamoci sul fatto in apparenza banale della larghezza dei caratteri, e della spaziatura. Prima facevano parte del libro. Erano già scelte. Ora la puoi decidere tu sul tuo lettore. Non fa più parte  intrinseca del libro, ne è stata sbalzata fuori. Per il font vale sovente lo stesso discorso. 

Insomma,non c’è più un libro scritto piccolo o grosso, largo o fitto. Perché decidere di questo rientra ormai nel potere di chi li usa, non di chi li fabbrica.

Sembra una stupidaggine. Eppure questo già ci forza a cambiare il paradigma, a fare i conti con una nuova idea del leggere.

L’esperienza d’uso è anch’essa, innegabilmente, diversa. Nel libro poi, il progresso di lettura lo avverti fisicamente, dalla mole di pagine che hai accumulato nella parte sinistra. I libri grossi li puoi perfino soppesare. Più peso mandi verso la parte sinistra più sei andato avanti nella lettura. E non solo. Per sapere quanto hai da leggere in un  capitolo, lo sfogli rapidamente fino alla conclusione. Tutto questo non è possibile con l’ebook, almeno, non nello stesso modo (il Kindle ha una sorta di preview che ti consente – in qualche modo – di sfogliare le pagine senza muoverti dalla tua posizione, e immagino che altri e-reader facciano lo stesso).

Non è insomma la stessa cosa, leggere in digitale. Per abituarsi ci vorrà del tempo.

Eppure, con tutti gli svantaggi che sappiamo, che ci possiamo dire, il libro elettronico è già innegabilmente troppo comodo. Tanto da creare anche una certa assuefazione. Personalmente, ormai mi irrita non poter cercare una parola o una sequenza di parole in un libro cartaceo. Devo scorrerlo tutto per trovare quella determinata frase? Quella che mi aveva colpito tanto? Era il primo capitolo, o forse il secondo? Aspetta, non era nell’introduzione, magari? Ma io ci divento matto! Poi, vogliamo parlare della possibilità di evidenziare dei passaggi? Finalmente con l’ebook si può fare, si può fare a volontà senza timore di danneggiare il testo (puoi sempre cambiare idea e ogni evidenziatura puoi rimuoverla). 

C’è ovviamente un mondo che al libro cartaceo è precluso, come la condivisione di brani sui social network, la raccolta delle parti più evidenziate su apposite pagine web, etc etc… cose di cui, del  resto,  abbiamo già parlato in questo blog.

Era per dire quanto in realtà il libro digitale sia comodo, ancorché irriducibilmente diverso dal suo parente cartaceo. 

Così può succedere che a volte, mentre leggi un libro di carta (avviene, avviene: sono molti i libri, passati e presenti, che non possiedono la versione digitale), ti trovi improvvisamente ad esperire delle mancanze che prima non avresti avvertito. Così mi è capitato l’altro giorno, che stavo rileggendo dei brani da un saggio mentre mi preparavo per uscire. Un po’ preso dalla fretta, ho guardato il libro come per avere lumi: ormai assuefatto alla lettura in digitale, mi aspettavo che toccandolo da qualche parte, non so, avrebbe fatto come il suo cugino elettronico, mi avrebbe servizievolmente detto che ore fossero. Niente, si è splendidamente ed orgogliosamente rifiutato.

Io sono solo un libro, sembrava volermi dire.

E nel bene e nel male, ne devo convenire, aveva completamente ragione. 

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In difesa del kindle

Leggo da diverse parti che, per quanto concerne gli ebook, lo standard di fatto è il formato ePub, un formato aperto e leggibile da una numerosa schiera di dispositivi (praticamente, tutti tranne il kindle) e di software per computer, tablet, telefonino etc. Giusto. È poi sovente magnificato in virtù della sua “apertura”, in contrasto come sistemi come il kindle di amazon, che è invece piuttosto blindato verso l’esterno. Ok, vero anche questo. Un libro in formato kindle non lo leggi assolutamente al di fuori del circuito amazon, a meno di operazioni di forzatura di dubbia legalità…

Quindi il formato ePub sembrerebbe perfetto. E in effetti lo sarebbe. Se non fosse…

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Se dobbiamo muoverci in un ambiente “chiuso”, che almeno sia gradevole…
(Foto Lis Bokt su Flickr, licenza CC)
Se non fosse per l’infausto convitato, l’Adobe DRM. La esecranda protezione per la copia. Che riduce drasticamente la possibilità d’uso del file: quel file che dovrebbe essere nostro, una volta comprato. Perché i programmi e i dispositivi che leggono file ePub protetti in tal modo (esecrando modo) sono molto minori. Perché diventa tutto più complicato, ogni dispositivo deve essere autenticato dall’utente, non se ne possono avere più di n certo numero, e così via, restringendo e limitando. Il guaio è che la stragrande maggioranza dei libri nuovi, distribuiti in formato ePub, adotta questa protezione.

Dunque tante delle comodità del formato ePub, in questo modo, vanno a farsi benedire. Diciamocelo.

Tra l’altro, se per la musica ormai le barriere di protezione son ormai cadute, perché per i libri rimangono?

Quindi ritorno a preferire il formato di amazon. Va beh, è chiuso, ma intanto dentro il recinto, almeno, ti nuovi benissimo. Esiste software kindle per ogni dispositivo, poi il kindle vero e proprio è ottimo e relativamente economico. Poi c’è la sincronizzazione di lettura. Inizi un libro sul kindle, continui sull’iPad, poi sullo smartphone in fila alla posta (c’è sempre fila, alla posta…). Ci pensa il sistema a tenere il segno. Ti tiene tutti i tuoi libri sul cloud, pronti ad essere scaricati ovunque. Ti mostra anche le tue note e sottolineature, ti mostra anche i passaggi più evidenziati dalle altre persone. Non mi pare che il file ePub (protetto o non protetto in maniera esecrwnda) lo faccia.
Insomma almeno ho un valore aggiunto, a fronte della noia di avere uno standard chiuso. L’Adobe DRM mi sta cordialmente antipatico perché mi impone fatiche e restrizioni e come controparte non mi offre nulla.
Dunque era solo per dire che, no, rimango con il kindle. Ecco.

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La Bibbia in ebook

Ho salutato con piacere l’arrivo della nuova edizione della Bibbia in formato ebook. Inutile spendere parole sull’importanza – per credenti e non credenti – di un tale libro, ne converrete. Pertanto in questa sede mi concentro esclusivamente su un aspetto ‘tecnico’ particolare inerente alle specificità della sua diffusione in formato ebook. La cosa interessante è che le Edizioni Paoline hanno reso disponibile il testo tramite diversi canali: si può acquistare in formato epub oppure in formato proprietario, ad esempio all’interno del circuito di Amazon, nella sezione Kindle. Diverse opzioni, stesso prezzo (attrativamente basso, almeno per ora: 2.99 euro). 
Ora, il mio primo impulso è stato quello di acquistare il file in formato epub, protetto (lodevolmente) soltanto tramite il “social DRM”, in modo che si possa trasferire liberamente tra vari device senza sottostare a noiose e punitiva pratiche di autenticazione, come nel caso di Adobe DRM (col risultato paradossale per cui chi si procura illecitamente una copia “craccata” di un libro gode di molta più libertà di chi lo acquista regolarmente…). 
Sharpie Bouquet
Cosa hanno “sottolineato” gli altri lettori…? Amazon lo sa…
Crediti: ShellyS su Flickr
Ricordo che il “social DRM” consiste nell’imprimere all’interno del libro elettronico un dato identificativo del compratore (tipicamente, indirizzo elettronico e data di acquisto) in modo da disincentivare ‘gentilmente’ l’utente stesso – teoricamente identificabile – dal diffonderne copie in giro per la rete. Finalmente! 
Dunque è fatta, lo compro in epub. D’altra parte, perché mai comprare lo stesso medesimo libro nel circuito Kindle? Con lo stesso prezzo, preferire un formato “chiuso” ? Legarsi ad un dato sistema? Vado con l’epub, certamente. Ma… aspetta un momento… un attimo prima di finalizzare l’acquisto mi fermo, colto da un dubbio. No, aspetta: le sottolineature. 
Come la mettiamo con le sottolineature? 
Eh perché i libri Kindle saranno pure in formato chiuso, ma hanno delle prerogative che un semplice file epub – tecnicamente – non può avere. Sono in un certo modo ‘sociali’. Leggendo un libro dal Kindle, o dall’applicazione Kindle che c’è quasi… per tutto (eccezione notevole e sfortunata, il sistema operativo linux), posso vedere i brani più evidenziati del libro, e anche quante persone hanno sottolineato un dato pezzo. In un certo senso è un libro vivo, che cambia con il tempo, tiene conto delle persone che lo leggono. Stabilisce come un ponte, un canale di comunicazione tra loro. Per i titoli più diffusi (e questo che sto per acquistare sicuramente lo diventerà) questo arricchisce la lettura di un aspetto ‘sociale’ decisamente interessante. 
Ancora, la possibilità di scaricare il testo facilmente da ogni device, è un’altra. E non dimentichiamo la sincronizzazione automatica tra i vari device. Certo, posso mettere l’epub su Dropbox e accedervi da tablet, computer, smartphone. Siamo d’accordo. Ma nessuno mi regala la sincronizzazione automatica. 
Ovvio, non ci sono dogmi, qui (nel formato, intendo). Preferire il formato aperto e facilmente trasferibile e fruibile ovunque – ma senza quel sapore social – oppure adeguarsi all’ambiente Kindle (o equivalenti) con limiti e vantaggi che questo comporta. Alla fine sono questioni di gusti, e di filosofie. 
… che dite? Come è andata a finire? Beh, io l’ho comprata da Amazon.
In breve (perché siamo arrivati alla morale della storia), dubito sempre più della scorciatoia “aperto è meglio”. Capisco i suoi punti di forza, ma non mi sento (più) di incensarla a priori. Beninteso, non che “chiuso” mi esalti troppo, peraltro. 
Allora, che fare? Niente, facciamo soltanto lavorare il cervello, ogni volta che si può. 
Parliamone, perlomeno. Niente è scontato. Valutiamo, caso per caso.

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Leggere in digitale…

Leggere in digitale ormai è possibile con una vasta serie di dispositivi. In linea di principio si può leggere un libro intero solo con uno smartphone (iPhone o Android che dir si voglia, o altro), anche se i più converranno con me sulla scomodità di leggere lunghi brani su un piccolo schermo (tuttavia mentre si è in fila alle Poste, sappiatelo, spesso l’applicazione Kindle è una ottima risorsa per non farsi venire il nervoso e non buttare il tempo). 
Leggere tramite il tablet ormai è abbastanza diffuso e leggo che anzi sta mettendo in crisi la stessa produzione di dispositivi basati sull’ e-ink, ovvero sull’inchiostro elettronico (o carta elettronica) che accompagna i classici lettori di ebook come il Kindle. In effetti le comodità di un dispositivo come un tablet sono innegabili. Schermo touch, flessibilità d’uso, versatilità. Se leggo un libro che parla di Parigi posso fermarmi un attimo e cercare Parigi su wikipedia, oppure posso seguire un link presente direttamente nel testo. Vi sono inoltre eccellenti testi multimediali pensati per specifiche piattaforme d’uso, come nel caso di Apple e dei suoi iBooks espressamente progettati per la fruizione su iPad. Senza contare il fatto che un tablet ha il vantaggio dei colori, dell’uso agevole anche senza luce ambientale, etc…
Reading
Vedremo ancora scene così? O avremo tutti in mano un… qualcosa di elettronico??

Tutti questi vantaggi però hanno un loro lato negativo. In realtà, ho scoperto recentemente, per la mia esperienza d’uso, che molti di questi vantaggi sono in realtà dei fastidi, almeno per la lettura di libri più “classici”, come i saggi o i romanzi. Quei libri che fino a ieri (e ad oggi, per molti) eravamo abituati a prendere in mano e sfogliarne le pagine, le pagine reali intendo (vedi ragazza nella foto). 
Ho scoperto che non poter leggere la posta elettronica mentre sono assorto in un libro non è una limitazione: è un vantaggio. Che il peso ridotto del Kindle rispetto all’iPad è un altro vantaggio. Che lo schermo possa rimanere sempre “acceso” senza intaccare significativamente la batteria è – diciamolo – un altro bel vantaggio. Se poso il dispositivo sul tavolo e lo riprendo dopo due minuti (la classica cosa da sistemare, o la telefonata…) proprio come un vero libro, rimane con la pagina “aperta” dove l’ho lasciato. Un tablet spegne subito lo schermo, preoccupato com’è del sapiente uso della sua energia. Già, il Kindle se lo può permettere, visto il consumo assai ridotto.
Così ho ricominciato a leggere sul mio Kindle (nel caso ve lo stiate domandando). Ho sostituito la lampadina a basso amperaggio sul comodino (che non infastidisce chi dormisse accanto, ma fa poca luce e diffusa) con una di quelle a led prese da Ikea (stavo per scrivere iKea, deformazione da mela morsicata e da i-devices…). Posso dirigere la luce su un punto specifico senza illuminare molto intorno E ho rispolverato il Kindle che era fermo nello scaffale. Buono buono tra i veri libri. Quelli sì, aperti sempre di meno.
E voi? Leggete in digitale? Quali sono le vostre abitudini di lettura?

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Ma dove sono tutti i libri? (II)

(La prima parte del racconto la trovate a questo link).

“Dunque quello che devi sapere non è molto…”, Iniziò Stefano con la sua aria più saccente, quella che così facilmente le dava sui nervi. Giada avvertì un brivido lungo la schiena, la sensazione di stare scivolando lungo un copione già preparato. La sensazione era che le sue obiezioni, lungi dall’aver smosso le acque, fossero già stata accuratamente prevista, già messe in debito conto. Si sentì piombare addosso un senso spiacevolissimo di inesorabilità.

Rimaneva un tentativo da fare, probabilmente inutile. Sicuramente, inutile. Però, insomma, andava fatto.

“Beh Stefano, a pensarci bene, sai…”, Giada inghiottì un pò di saliva, “non mi serve che mi spieghi anche questa cosa nuova qui, questo… lettore”. Disse appunto “lettore” con tutta la distanza che riusciva a mettere in una sola parole, con tutta l’alterità possibile che lei, da donna, riusciva a mostrare per qualcosa che non la coinvolgeva. Tanto per dire: io e lui non abbiamo niente in comune, non abbiamo intersezioni, interazioni, siamo su due mondi diversi, lontani, mutuamente indifferenti, se non antagonisti, opposti. Perlopiù ci ignoriamo completamente; anzi, io mi vanto di ignorarlo, il lettore e tutto il suo mondo. Per me ci sono i libri, i cari, vecchi, semplici, comprensibili, amati libri di carta.

Stefano si bloccò un attimo a guardarla, a tentare di comprendere il livello di serietà dell’obiezione.

“Sì, naturalmente” disse con intonazione piatta, come uno che, facendo esperienza di una volontà estranea e conflittuale alla sua, è pur costretto a prenderne atto.
Per un momento dunque Giada ebbe l’impressione di aver stravinto. Partita giocata in casa, finita con un bottino pieno.
“Naturalmente, non entrerò nei dettagli che non ti interessano”, concluse Stefano come per manifestare compiutamente il suo pensiero.
“No, eh?” mugolò Giada. Mamma, ma che era successo? L’arbitro aveva fischiato, annullato il gol. La partita riprendeva, la squadra ora giocava in difesa, arretrava. Di più: subiva, era sbandata. Accusava il pressing, improvvisamente. I tifosi pure, fischiavano. Difatti a Giada fischiavano le orecchie.
“No, tranquilla.” Sorrise Stefano come sorride il dentista, mentre prepara i suoi strumenti di tortura.
“Certo, va detto per incominciare che…”
“Per in-co-min-cia-re ?” gemette Giada. “Abbiamo poco tempo, lo sai”
Stefano la guardò con un’espressione di compatimento. A Giada venne da chiedersi se anche alla ragazza di Stefano toccassero tutte queste tediose spiegazioni per qualsiasi cosa, oppure impiegassero il tempo in maniera più interessante.

“Dunque prima di tutto va detto che questo non è un computer, o un tablet”
“Ah. Non è come l’iPad insomma?”, chiese Giada nel mentre che si riprendeva, respirando fondo.
Stefano la guardò corrucciato, con espressione di bonario rimprovero.
“Allora, un tablet, tanto per essere chiari, non deve essere per forza un iPad. Solo perché siamo abituati a farci infinocchiare da tutto quello che ha il marchio con la mela, che tra l’altro paghi di più che…”
“Ok ok, chiarissimo, dicevo per dire”, si affrettò a specificare Giada, annotando mentalmente un primo errore. Mai menzionare i prodotti Apple a Stefano; sembrava che ci avesse litigato. O che gli avessero fatto qualcosa, non si capisce bene (ma non le andava punto per niente di chiedere maggiori dettagli).
“Ebbene” proseguì Stefano, fattosi più tranquillo, avendo fatto repentinamente sparire l’iPad dalla conversazione, “la prima cosa da considerare è il display. Questo qui sfrutta una sorta di inchiostro elettronico, tutt’altra cosa rispetto ad uno schermo luminoso.”
“Tutt’altro, eh?” Giada odiava infilarsi in queste conversazioni in cui non poteva che rivestire il ruolo analogo a quello di un Simplicio nei dotti discorsi dei filosofi. Eppure non vedeva altre possibilità.
“Ma certo! Guardalo bene, questo non è retroilluminato, non stanca la vista. E’ molto definito, ha ben sedici livelli di grigio. E poi consuma pochissimo. In realtà, consuma solo quando giri pagina.”
“Non è illuminato? E’ vero non fa mica luce.”, disse Giada accostandosi di più a Stefano. “Al buio non si vede allora?”
“Perché i libri tu li leggi al buio di solito?”
Ora che c’entra, pensò Giada. I libri no, non li posso certo leggere al buio. Ma questa cosa elettronica non è un libro. Un libro, cavoli, si fa capire. Questa è una cosa elettronica, con dei tasti, delle opzioni da decidere, delle cose da sapere. Devi essere malato di tecnologia, probabilmente devi essere nato con un… insomma, devi essere un maschio. Un libro è un amico, questa cosa qui ispira diffidenza, mi è abbastanza ostile. Lui lo sa bene, che io non ci capisco di cose tecniche; non sopporta che io non perda tempo per capirlo, e allora mi è ostile.  Con tutti i suoi transistor e i suoi astrusi circuitini, mi manifesta ostilità. Ha tutti questi circuiti che sprizzano odio verso di me. E’ chiarissimo.



“Perché devi abituarti a pensare questo aggeggio esattamente come un libro…”, chiosò Stefano con aria dotta.

Ecco, appunto.
“Come un libro?”
“No, anzi no. Come tantissimi libri. Tutti qui dentro”
Così dicendo si allontanò di qualche centimetro, distolse un momento lo sguardo. Non lo voleva ammettere, ma il profumo di Giada lo distraeva. Di botto, perdeva il filo delle cose che voleva dire. Di colpo sembrava tutto meno importante, ogni linea di pensiero indebolita, fiaccata da una misteriosa sensazione, come di affondare in una morbidezza ipnotica, appiccicosa.
“Ma non è meglio un libro vero, che giri le pagine, lo tocchi, senti la consistenza della carta…”
Meno male, Giada non sembrava essersi accorta di nulla. Stefano respirò a fondo. Ora tornava a vedere più chiaro.
“Come vanno i tuoi muscoli, Giada?”, le chiese di rimando.
“Eh?” Ma che è impazzito? Cosa c’entrano ora i miei muscoli?
“Sì dico, ce la fai a portarti a braccio 47 volumi?”
“Quarantasette? Non direi, non penso proprio”
“No chiedevo, perché qui dentro ora ce ne sono quarantasette…”, gongolò Stefano.
“Ok, lasciamo stare la faccenda della consistenza della carta. D’accordo”.  Secondo goal subito. Squadra sul tracollo, rischio retrocessione. Tifosi imbufaliti sugli spalti. L’arbitro fischia. Le orecchie fischiano sempre di più. Ragazzi, qui si finisce in B e nemmeno ce ne siamo accorti.
Ma ecco, improvvisamente un passaggio esaltante. Giada aveva l’idea giusta, eccola! Basta lanciarla, ora.  Palla spedita oltre la metà campo. Stefano subisce un contropiede, Giada può tirare in porta!
“Perfetto! Quarantasette libri.. Così se ti si rompe il coso, il lettore, oppure te lo rubano.. Ti perdi una biblioteca intera. Bravo, bravissimo. Ma che bella la tua tecnologia!” Giada gongolava, immaginando il trionfo. Solo questione di secondi: giocatori contenti della rimonta, pubblico in visibilio,  commentatori increduli.
Nel quadretto, soltanto stonava la strana tranquillità di Stefano. Sarà tattica da due soldi? Giada non ne era convinta.
Difatti, ecco che arrivava lesto il contropiede.
“Non mi perdo un fico secco. Ogni libro è presente anche sul mio computer, dove mantengo un database centralizzato di tutto il materiale. Sai, gestisco la mia libreria sul mio desktop linux con Calibre, un software open source, e mantengo sempre più copie di ogni libro, spesso in diversi formati. Per maggior sicurezza ogni notte alle quattro Back in Time si preoccupa di fare il backup incrementale dei miei dati su un disco separato. Documenti, musica… libri inclusi, ovviamente.”

Una schermata di Calibre.. dal PC di Stefano 😉

  Il tracollo è completo. Goal annullato, delusione cocente, squadra di nuovo allo sbaraglio. I tifosi abbandonano gli spalti per protesta. Altri, preda della delusione, innalzano striscioni con scritte irriferibili. Giada, disorientata, riparava in una sterile difesa d’ufficio.
“Va beh, ma la consistenza della carta…”
“Sì, certo. Ora, la cosa interessante è che tu puoi non solo leggere, ma anche annotare i tuoi libri. Se vuoi, puoi anche inviare le tue annotazioni su una pagina web apposita, così puoi far sapere a chi ti segue – chessò, sui microblog o sui social network – cosa stai leggendo e soprattutto cosa ne pensi. Io lo trovo molto comodo e divertente.”
“Cioè insomma, se leggo un libro devo scocciare tutti con le mie impressioni…”
“Non è che DEVI. E’ che, se ti va, lo puoi fare” puntualizzò Stefano.
“Ma come ce lo metti un libro, qui dentro?” chiese Giada che – avendo ormai ritirato i giocatori – veniva in pratica a congratularsi con il vincitore.
“Ah non è difficile. Puoi metterlo dai tuo computer, con il cavetto usb, oppure con il bluetooth. Trovi un sacco di libri a basso prezzo, o anche gratis, in diversi siti.”
“Ok, e se voglio un libro mentre sto in vacanza? Non ho il computer? Con i libri veri, vado in una libreria e mi scelgo qualcosa…”
“Qui non serve nemmeno. Dal lettore ti puoi collegare al negozio di libri, scegli quello che ti piace e te lo scarichi”
“Come mi collego scusa?”
“Allora, qui dentro c’è la connessione 3G incorporata. Ti permettono di navigare gratis su internet, ma ovviamente solo sul sito del loro negozio…”
“Curioso eh”, ammiccò Giada
Stefano non raccolse. Si chiese perché oggi fosse così sensibile alla sua vicinanza. Giada ora gli fa una tenerezza dolce, gli vien quasi voglia di stringerla, magari carezzarle piano i capelli. Forse dovrebbe tirar fuori una scusa e andar via. Però non sa come districarsi, dopotutto le ha promesso il suo aiuto.
“Comunque non paghi la connessione”, le disse, tentando di restringere i suoi pensieri ad un ambito squisitamente tecnologico.
“Però i libri li paghi” puntualizza lei.
“Certo, mica stanno lì per beneficenza, no?”
“No, era per capire…” fece Giada un pò seccata. Inspiegabilmente Stefano si era un pò spostato da lei, non riusciva più a sbirciare lo schermo del lettore. Che gli faccio paura? Ma mica glielo rovino il suo bel libro elettronico, insomma…

“Va beh, ma non è meglio che cominciamo? Sennò poi non si fa in tempo a finire…”, disse Stefano sempre nel suo modo focalizzato.
“Cominciamo? Ahh sì sì.” Giada si era quasi dimenticata. E’ che stava bene a parlare così, ora. A battaglia finita, si sentiva rilassata. Non aveva più niente da perdere, ormai era acclarato, sotto il profilo tecnico era una schiappa. Poteva smettere di nascondersi. E si era dimenticata il motivo per cui Stefano era venuto da lei.
Di fatto, stavolta dovette forzarsi un pò.
“Sì, hai ragione. Cominciamo. Vediamoceli, questi libri che avresti portato, va…”

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Software per ebooks, ecco FBReader

Mi piace sempre di più, questo semplice ma efficace lettore di ebook. Parlo di FBReader, un lettore per Linux e Windows (e anche per Android). Lo uso con soddisfazione sia sul mio HTC Wildfire che sullo “sfortunato” tablet Toshiba Folio 100. Mi piace perché è semplice e si adatta molto bene a schermi di varia dimensione: ottimo sia sul 10 pollici del Folio che sullo schermo piccolino del Wildfire (e volendo posso usarlo anche sul desktop con Ubuntu). 
Inoltre nelle versioni più recenti è stato introdotto un sistema di annotazioni che trovo molto comodo. Si può selezionare una parte di testo che verrà inserita nella lista di annotazioni, in modo da ritrovarla con comodo in un secondo tempo (io la uso per tenere una lista di frasi “importanti” dei libri di Valerio Albisetti o della “Scuola di Comunità” di Juliàn Carron). Quello che apprezzo molto è l’opzione, formalizzata con due tab nella parte alta della pagina dei bookmark, che permette di transire dalla lista delle annotazione per il libro che si sta leggendo a quella per TUTTI i libri nel propri archivio. Ottimo per ritrovare facilmente un elenco di passaggi notevoli, che nel corso del tempo vengono a costituire, per ogni lettore, un piccolo ma importante “tesoro” cui poter far riferimento in ogni istante.
FBReader nella funzione di ricerca 
Certo non è che non abbia limitazioni; ad esempio i libri in formato epub protetti dal certificato digitale di Adobe non possono essere letti (e ahimè sono proprio tanti); inoltre non interpreta – mi pare – il foglio di stile a volte associato ai libri. Però a parte quello garantisce comunque una ottima esperienza di lettura, grazie anche alla barra inferiore, studiata per fornire una grande quantità di informazioni sul libro e sullo stato del device in un piccolo spazio: ingegnosa in particolare la rappresentazione grafica delle varie sezioni con la barra di avanzamento, che consente a colpo d’occhio di capire a che punto si è, e non ruba spazio nemmeno negli schermi piccoli degli smartphone)
Certo siamo lontani da sistemi integrati (ma blindati) come quelli appartenenti all’ecosistema di Amazon, tanto per dire, che in più offrono il WhisperSync tra un device e l’altro: grazie a questo si può iniziare a leggere sul Kindle, continuare sull’iPod, riprendere la lettura sull’iPad o sul tablet Android, aprendo ogni volta il libro alla posizione esatta in cui si è lasciato. Ma appunto è un sistema chiuso, ancorché apprezzabile, i cui libri non possono essere letti che con quel dato software. 
Insomma, per leggere gli epub “aperti” o con social DRM (l’unico sistema di “protezione” che mi sembra non imponga inaccettabili restrizioni agli utenti) per semplicità ed efficacia, FBReader fa secondo me un ottimo lavoro. Che ne dite? Avete un altro software di preferenza?

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Ma dove sono tutti i libri?

In ritardo di un quarto d’ora. Aspettiamo altri cinque minuti poi sicuro che arriva. Precissimo nel ritardo, ormai Giada lo sapeva bene. E meno male che sono tornata presto dall’università. Potevo prendermela comoda, rimanere un pò a parlare con Francesca. Farmi dire tutto sul suo fidanzato nuovo nuovo. Mica avevo capito che aveva una tresca con Marco; sono sempre l’ultima a capire queste cose, evidentemente.
Infatti eccoti che arriva Stefano. Bello fresco senza niente, nemmeno un’ombra di affanno, di fretta per il ritardo. Soprattutto, nemmeno uno zaino gonfio. Niente. Ma niente proprio.
“Bravo, bravo. Ti sei scordato tutto, come al solito” sbuffò Giada, veramente spazientita.
Insomma ci mancava pure questa. Affidabili, sono affidabili davvero, questi maschi eh.
“Ora come facciamo, hai detto che avevi almeno cinque libri sull’argomento. Come lo facciamo questo pezzo per il giornalino dell’università? Pensavo volessi aiutarmi, te l’ho spiegato, io di cose tecniche ne capisco poco. Avevi detto che mi avresti aiutato. Come faccio a parlare dei computer nelle discipline umanistiche se di computer non ne capisco niente?“
“Sì sì, è proprio così.”
“Ah l’avevi detto”
“Intendo, è così, di cose tecniche non ne capisci nulla…”
“Molto divertente. E allora?”, esclamò Giada con l’impazienza che le friggeva addosso. 
Il pezzo l’aveva promesso per la sera, e ora stava di fronte alla prospettiva non esaltante di affannarsi a mettere insieme qualcosa preso da Internet, così come capita. Il fatto che lei fosse brava a scrivere era stato percepito subito dai redattori del giornalino, dopo che aveva inviato il primo contributo, quasi per scherzo. Ora andava così, alla minima occasione le chiedevano di scrivere un pezzo. E va bene, per lei era un divertimento, dopotutto.

Stavolta però le serviva aiuto, le serviva la competenza di uno di quei maschi fissati con i computer. Insomma, le serviva Stefano.

“Beh ho portato tutto quello che sono riuscito a trovare”, disse Stefano, sempre sorridendo.
“Ahh lo vedi? Lo vedi? Sei il solito, il solito, lo dicevo io.”
Stefano continuava a sorridere. Il che lo rendeva piuttosto indisponente, secondo Giada. La quale si era già ampiamente pentita di averlo coinvolto.
“Infatti i libri erano sei” aggiunse, evidentemente divertito. “Di cui uno di più di mille pagine, sullo sviluppo dei primi computer e sul loro uso in ambito accademico. Mooolto interessante, se devo dire. “
Che faccia da schiaffi, pensè Giada. Continua a prendermi in giro alla grande. Dovrei menarlo, se non fossi una signora. Cioè una ragazza, però siamo lì.
“Va bene, mio caro. Vediamo adesso come te la cavi. Vediamo dove sono questi libri.”
“Ah beh…”
“Ok te li sei scordati, giusto?” disse Giada sbuffando.
“No, proprio scordati direi di no…” fece Stefano, affondando la mano nel suo piccolo zainetto. Più faceva il misterioso e più solleticava i recettori dell’insopportabilità, in Giada.
“Ah almeno uno l’hai portato.” Disse lei. “Magari il più piccolo, a giudicare dallo spessore del tuo zaino.
“No, li ho portati proprio TUTTI” fece Stefano. Sembrava si divertisse sempre di più.
A Giada dava i nervi quando si divertiva alle sue spalle. Temeva qualcosa, non sapeva cosa, ma temeva quello che sarebbe successo nei minuti successivi.
Infatti qualcosa successe, che a lei non garbava.
Stefano tirò fuori la mano, quello che aveva afferrato non era un libro, bensì una sorta di strano apparecchio piatto. Sembrava un computer, ma no, un attimo. Era più piccolo, decisamente più piccolo di un computer.
“E’ il mio nuovo lettore di ebook” disse Stefano gongolando. Chissà come mai gongolava.
“Ebook? Quella cosa dei libri che si leggono… insomma, quelli elettronici? E ora, mi dirai anche che…” disse Giada, sbiancando visibilmente in volto…
“Sì. Te lo dico, hai indovinato. Tutti i libri stanno qui dentro. Dentro questo cosino qui. Cioè, a dire il vero c’è anche dell’altro, ma non è tutta roba che vorresti leggere, credo”
“Lo sapevo. Lo temevo” disse a bassa voce Giada, sconsolatissima. Mentalmente, si preparò ad una lezione tecnologica di Stefano. L’ennesima. Sapeva che sarebbe arrivata, questione di secondi. Non c’era ormai niente da fare per evitarlo.
Infatti, arrivò.
“Giada, devi sapere intanto che qui dentro batte un kernel linux della serie 2.6, opportunamente modificato…”

(1. continua)

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