Tutto cambia, e anche il modo di vivere l’arte deve cambiare. Non possiamo fermarci al biasimo, al lamento. Non è utile, non serve. Davanti alla disaffezione dei più giovani per i luoghi della cultura, come i musei, possiamo scegliere se riposare (si fa per dire) sul lamento o scegliere l’inventiva e la creatività.
Qui probabilmente entra in scena il famoso 5G. Che non è appena un cambio di velocità, il cui interesse potrebbe essere ristretto ad un manipolo di tecnici o fanatici. Senza cadere in enfasi eccessive, possiamo dire che si rendono possibili nuovi modi di usare la tecnologia, si possono fare più cose insomma. O farne di migliori, addirittura.
Il nuovo e l’antico, insieme. Una sfida (ancora) tutta da vivere. |
Come spiega un succinto ma interessante articolo su Linkiesta, la tecnologia può essere il cuore di una rinascita culturale. Non sono cose ideali o belle speranze, possono essere cose molto concrete. Soprattuto con la recente conferma del Governo Draghi, di voler destinare gran parte delle risorse del Next Generation EU alla transizione digitale.
Si tratterà di usare queste tecnologie in modo davvero creativo, togliendo ogni velo di inattualità alle esposizioni museali, avvolgendole di un manto informatico tale – per esempio, da consentire a ciò che è antico di tornare (virtualmente) nuovo, a chi visita di immergersi nel tempo in cui quel che vede, era l’attualità. Di aiutare l’immaginazione, insomma. In modo rigoroso ed evocativo insieme.
Diciamolo, in questi tempi abbiamo più che mai bisogno di cultura, non quella barbosa ma quella che ci parla di noi, di cosa siamo, di come siamo, che ci fa sentire vivi. E la tecnologia che ci serve è solo quella che aiuta questo processo, sempre in corso, di individuazione dell’uomo.
Di tutto il resto, ormai, possiamo francamente farne a meno.