Una nuova email? A gradini però

Sì il protocollo di posta è decisamente vecchio. Consideriamo un attimo la grande evoluzione che ha avuto negli ultimi anni la comunicazione via web. Una espansione accelerata, una inflazione informatica (sulla stregua della più classica inflazione cosmologica) che deve essere ancora debitamente metabolizzata e compresa. Ecco, a fronte di tutto questo, siamo ancora legati ad una comunicazione email il cui standard è stato definito molti, ma molti anni fa.

19th Century emails
La posta elettronica rischia di diventare vecchia come quella… normale 🙂
Crediti: Francesco Adorisio su Flickr, licenza CC-BY-NC-ND 2.0)
Sì, anche i servizi webmail che appaiono al momento come la versione più moderna e immediatamente usabile dell’antico paradigma (mi riferisco a Gmail, Yahoo! Mail, e così via). I servizi webmail, proprio quelli, che sono spesso ormai l’unica versione di posta elettronica conosciuta dalle generazioni più recenti. Chi ha visto nascere Internet è stato abituato ad anni di lunghe configurazioni di client di posta, rocamboleschi settaggi per lasciare o non lasciare la posta sul server, e tutti i vari problemi al momento di cambiare computer. E ovviamente, inevitabili perdite di centinaia di messaggi in seguito alla rottura del disco rigido, o di un comando sbagliato, un settaggio fallace. Certo tutto questo è preistoria informatica, ormai. Usando un servizio webmail tutta la posta è accessibile da qualsiasi device, in qualsiasi momento (computer, laptop, smartphone, tablet…).
Tra i diversi standard, il protocollo POP per scaricare la posta in locale appare a mio avviso insopportabilmente datato. Porta addosso l’odore di una epoca in cui uno aveva uno – o al più due – computer (tipicamente, se era abbastanza informatizzato, casa e lavoro) dove scaricare la posta, un’epoca nella quale l’accesso in mobilità era ancora fantascienza, dove i telefoni… telefonavano soltanto. Dove persino Facebook non esisteva, tanto per dire….
Il webmail è in realtà una versione accattivante del protocollo IMAP, ideato nel lontano 1986, dove è possibile gestire i messaggi direttamente sul server. 1986, dicevamo. Dunque, vecchissimo, per gli standard del web. Come risultato, tante possibilità che uno potrebbe pensare, restano precluse. E’ molto più ricca la comunicazione via Facebook, o attraverso iMessage di Apple, ad esempio. Era assai più ricca l’interazione attraverso wave, l’esperimento di Google che doveva ‘svecchiare’ la posta elettronica, e che invece è purtroppo deceduto, ucciso da un interesse non abbastanza elevato.

Eppure ci si poteva pensare (almeno, con il senno di poi, mi pare evidente). Perché certo, wave aveva dalla sua una capacità innovativa sensazionale, era un protocollo aperto, estendibile, pieno di possibilità. Era tutto questo ed altro, ma con un difetto di origine. Un difetto terribile. Costringeva gli utenti a cambiare. A procurarsi ed adottare un indirizzo differente rispetto a quello della tradizionale posta elettronica. A fare un salto. O più verosimilmente, a tenere il piede in due staffe.

Chiaro che a molti la cosa non interessava.
Ipotizziamo ora uno scenario diverso, tanto per divertirci un po’. Uno scenario in cui l’innovazione non proceda per salti, ma avvenga progressivamente. Diciamo, a piccoli passi. Attraversando stati di quasi equilibrioUno scenario in cui non si debba cambiare indirizzo, ma vengano aggiunte via via possibilità al proprio esistente indirizzo email. Il punto è che i tempi sono maturi, adessoQuesto prima non era possibile, se non a botte di specifiche RFC (come quelle che definiscono, appunto, gli standard POP, IMAP etc…) . Ora invece è possibile, in casi specifici. Consideriamo ad esempio la diffusione enorme di Gmail: non è assolutamente infrequente che la comunicazione mittente – destinatario si consumi integralmente nei server di Google. Ecco a cosa penso, allora, avete capito.

Vediamo un po’. Cosa impedirebbe a Google – che nel caso citato, controlla integralmente la comunicazione – di introdurre nuove caratteristiche arricchendo il protocollo, piano piano? Basterebbe un meccanismo di ricaduta sullo standard più diffuso nel caso di fruizione al di fuori delle ampie braccia del gigante di Mountain View. E il gioco sarebbe fatto.

Un po’ come fa già Apple con la sua messaggistica: i messaggi che circolano tra due iPhone sono usualmente in forma iMessage (con caratteristiche arricchite rispetto ai semplici SMS, sul tipo di WhatsApp, per intenderci), mentre se uno dei due non è un iPhone (a volte capita…) avviene un fallback silenzioso ed efficace  sul protocollo SMS.

Così potremmo avere – tra due utenti di Gmail – la notifica automatica di consegna e anche di lettura, tanto per rimanere su un livello più semplice. E via via cose più sperimentali, rasentando pian piano i pregi e le caratteristiche di wave. Sempre però senza cambiare indirizzo. Sempre conservando l’indirizzo email già adottato, per il quale si usufruirebbe – appunto – di servizi arricchiti nel caso particolare in cui la comunicazione avvenga entro un certo ecosistema. Non sarebbe fenomenale? E non sarebbe un motivo per scegliere Gmail (o chi per lui, volesse farlo) invece di altri servizi, ad esempio?

E’ solo un esperimento mentale, ma fa capire la cosa. La posta elettronica dovrebbe progredire per piccoli passi, altrimenti alla gente non interesserà. E mentre la comunicazione attraverso i social network continua ogni giorno ad arricchirsi e progredire, per le email rimarremo fermi agli anni ottanta.

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Wave, mi manchi

Il protocollo di posta è vecchio. Avevano ragione quelli di Google. Che peccato che Wave sia stato chiuso… mi manca!
Per Natale voglio Wave attivo… 🙂
  • Mi manca il fatto che quando invio un messaggio, dal momento in cui premo “Send” non posso più modificarlo. Mi stranisce che non sia più in mio potere. Se c’è qualcosa da rettificare, mi tocca mandare un ulteriore messaggio. Eh no. Se c’è qualcosa che desidero cambiare, in ogni momento, vorrei poterlo fare
  • Mi manca il fatto che non possa includere persone in una conversazione ad un certo momento, senza che loro possano autonomamente scorrersi tutta la lista dei messaggi scambiati dal momento iniziale fino al momento della loro entrata
  • Mi manca che un botta e risposta possa diventare praticamente come una chat, con la possibilità di intervenire in tempo reale, senza scaricare continuamente nuovi messaggi
  • Mi manca il fatto che tutti gli interventi siano belli allineati in una pagina, e non siano una serie di mail diversi collegati l’uno con l’altro (lasciamo stare che Gmail te li organizza comunque, è sempre un workaround)
  • Mi manca il fatto di non poter includere multimedia all’interno del messaggio (metterli come “allegato” è limitativo)
  • Mi manca il fatto di non poter pensare la comunicazione come una lavagna condivisa, dove vedo cosa fanno gli altri nel mentre che io “faccio cose” (scrivo, disegno, inserisco grafici…)
  • Mi manca il fatto di non poter disporre di plugin per estendere le funzionalità quando necessario
  • Sicuramente mi manca altro, che ora non ricordo…
Più passa il tempo più mi accorgo che stiamo usando un protocollo vecchio come il cucco, pensato per connessioni ad Internet “episodiche” (mentre ormai siamo online 24/7), con flessibilità decisamente ridotta. Ecco. Qualcosa dell’idea di Wave è nella messaggistica di Facebook. Ma solo qualcosa.
Wave, quanto mi manchi…

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Ciao ciao Google Wave…

Il web è indubbiamente un posto strano, allo stato attuale: un posto dove anche le idee migliori possono essere abbandonate da un momento all’altro. In pratica, un posto dove vale in sommo grado la logica di mercato: se un prodotto non funziona entro un certo tempo, si abbandona. Così sta succedendo per l’innovativa piattaforma Wave di Google.

Mi dispiace molto che venga abbandonata così, o meglio lasciata ristagnare senza più sviluppo. Avendoci giocato un pò, lo consideravo un valido strumento per collaborare a distanza su un dato progetto. La scommessa aveva tutte le carte in regola: protocollo aperto ed estendibile, possibilità di creare applicazioni da “incastrare” al suo interno, etc… A mio avviso, il mix tra posta elettronica, messaggi istantanei e una sorta di “office online” avrebbe sicuramente trovato la sua strada.

Start a new Wave.. ma fino a quando? (Credits: Google )    

Il punto è forse che una piattaforma così innovativa non poteva che farsi strada nel tempo. Intendo dire che forse le valutazioni dei capoccioni di Google sono state troppo affrettate, questa volta. E’ chiaro che il “motore” delle azioni di Google in gran parte è il profitto. Ma a volte anche il profitto, per  realizzarsi, prende il suo tempo….

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Accesso libero a Wave di Google

Molto interessante il fatto che Google Wave sia diventato aperto per tutti, senza necessità di attendere un invito da parte di un iscritto (cosa che comunque era diventata abbastanza facile).

Avendolo sperimentato per qualche tempo, posso dire che Wave è un protocollo per Internet realmente nuovo e flessibile, di comodo impiego in diverse situazioni. Dove eccelle, comunque, è come strumento collaborativo; lavorare su una Wave è un modo facile ed efficiente di organizzare le informazioni e di sviluppare bozze di documenti, ad esempio.

Il sistema di plugin garantisce flessibilità ed espandibilità a tutto il sistema.

Forse fatica un pò ad affermarsi: questione di una “inerzia di primo distacco” dagli strumenti più tradizionali, come la email?

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