Il problema è il software

Man mano che passa il tempo, rifletto e a volte mi capita di… aggiustare il tiro. Anche e soprattuto in relazione alla tecnologia di uso quotidiano. In realtà devo dire che mi capita abbastanza spesso. Fossi un consulente informatico di una ditta manderei tutti ai pazzi, perché ogni due settimane proporrei e illustrerei dettagli di strategie di sviluppo e adozione software completamente diverse. Forse è per questo che faccio l’astrofisico, invece.
Tanto per spiegare. Perché a breve distanza dal post dove magnificavo Android a scapito di iOS, ora sto per scrivere un altro contributo che va in direzione esattamente opposta (o più propriamente, nella stessa direzione e in verso opposto). Tuttavia, per non contraddirmi completamente e perdere del tutto quel poco di credibilità che ancora potevo avere, cercherò di approcciare la faccenda da una direzione lievemente diversa. Ovvero quella del software.
Ce la farà Google Play ad offrire
una esperienza d’uso completa e coerente
per app, film, libri e musica?

Infatti il problema è il software. E’ chiaro, no? Siate onesti: quante volte avete anche voi lo avete pensato? La mattina, lavandovi i denti davanti allo specchio, pettinandovi, prendendo la giacca (attenzione, non scordate le chiavi della macchina, sono lì sul tavolino all’ingresso) ? Il problema è il software, esatto.

Mi ha fatto riflettere anche un bell’articolo su PC Magazine di aprile. La scelta di un tablet è data in ultima analisi dalle cosiddette killer application che intendiamo farci girare sopra. Dunque la scelta di uno non è quella dell’altro: Franco sceglie un iPad e Carla sceglie un Sony S. Non c’è una cosa migliore in assoluto. Tutto uguale, dunque?

In effetti… c’è un però. Azzardo. L’approccio degli sviluppatori per Android deve ancora maturare: non si può sviluppare per un device da 10” come se fosse un 4” allargato. Altrimenti lo spazio non si usa bene, viene sprecato. Su questo devo dar credito ad Apple. Le applicazioni per iOS – anche quelle cosiddette universali, che funzionano su iPhone e iPad (e iPod touch) – sono di norma ottimizzate egregiamente per trarre il massimo vantaggio dello spazio disponibile (e quasi sempre, anche dell’orientazione del device). 

Per Android non è ancora proprio così, mi sa.
Detto questo (e fatte salve le riserve su iOS come sistema operativo, presentate nel recente post), mi sto chiedendo quali siano le mie killer applications, ovvero ciò che vorrei portarmi dietro in uno smartphone
E’ una cosa molto personale, ma in questo caso, pur essendo personale, è anche cosa che si può scrivere su un blog. Se devo pensare alle applicazioni più ghiotte per me, ecco quello che mi viene in mente (elenco assolutamente incompleto, badate bene!):
  • DayOne. Colpa sua se ho ripreso gusto a scrivere un diario privato. Colpa sua se mi piace rileggere cosa ho scritto il giorno prima, o la settimana prima o ancora più indietro. E capire meglio il senso di cosa succede e cosa faccio, o lascio succedere quando ci riesco. 
  • MomoNote. Eccellente sistema di etichette, ogni volta che c’è una cosa che mi voglio ricordare la butto dentro. Citazioni, parti di email, brani di libri. Mi servono tanto i buoni spunti, per attraversare le giornate. Qui li ripesco al volo, quando voglio.
  • iA Writer. Ti fa riscoprire il piacere di scrivere. Sopratutto ti fa riscoprire l’attraente semplicità di buttare giù parole. Elegante e minimalista. Io lo trovo ottimo soprattutto per scrivere poesie (in questo si sta candidando a sostituire Google Docs, che era perfetto nell’era informatica precedente, quella che si viveva usando solo il computer). Certo scrivere con lo smartphone non è ideale, ma ho la sensazione che per appuntare qualcosa da rivedere in un secondo tempo, può andar bene.
  • Google Reader & Feedly. Non dimentichiamoci i feed.
  • Gmail (posso fare senza?)
  • Facebook (quasi come sopra)
  • Twitter (quasi come sopra)
  • Foursquare (forse inutile, ma divertente)
  • Kindle app e un lettore di libri in formato epub 
  • Waze per le info sul traffico (occhio a non cercare di usarlo mentre si guida però!)
  • Edge. Quanto mi piace questo giochino elegante e tranquillo…. 😉
  • …. (to be continued) …
DayOne, MomoNote e iA Writer sono solo per iOS (almeno, al momento). Questo è un bel colpo per la mia permanenza nell’ecosistema Android. Poi, avendo un MacBook e un iPad (e un iMac in arrivo) mi tenta l’integrazione in uno stesso ecosistema (certamente chiuso, ma coerente e ben realizzato). Insomma non è così improbabile una futura migrazione.

Per ora, comunque, aspetto con una certa curiosità l’arrivo di Android Ice Cream Sandwitch sul mio Sony-Ericsson Xperia Ray, in modo da poter fare le mie valutazioni. E con pari curiosità, sto a guardare le recentissime mosse di Google per creare un ecosistema finalmente completo e coerente, avviate con l’apertura di  Google Play.

Se penso che in anni passati mi appassionava la sfida linux vs. Windows, oggi guardo alla contesa iOS vs. Android con lo stesso identico interesse. Sono cambiati i tempi, le possibilità offerte dalla tecnologia, o sono cambiato io? O entrambe le cose?

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iOS, evoluzione e luci lampeggianti

Per quanto abbia imparato ad apprezzare i prodotti Apple, a trarre vantaggio dalle sinergie possibili all’interno dell’ecosistema della mela (con iPad, iPod Touch, MacBook), quando si è trattato – di recente-  di cambiare telefonino… ho accarezzato l’idea, consultato depilantes di pagamenti rateali e piani tariffari … ma no, non ce l’ho fatta a prendere un iPhone. E non solo per il prezzo.
E’ stato difficile. Ci sono molte cose da cui trarrei vantaggio. La sincronizzazione con iCloud, la migrazione facile di dati tra il telefono e gli altri dispositivi Apple. Sicuramente. C’è qualcosa che non mi convince troppo, però.
Ed è più una questione filosofica che squisitamente  tecnica, intendiamoci. Intanto, il sistema operativo mobile che si (auto)definisce “il più evoluto al mondo” (sic), secondo me, è rimarchevolmente povero in alcune parti fondamentali (se ho ben capito, studiandolo senza possederlo: in caso contrario segnalatemelo!). Ma anticipo, non è povero, è minimalista. Probabilmente per scelta. Perfetto: solo che a me, non va troppo bene.
RIver in Moonlight
Che poi, cosa c’entra la luce della luna
con un telefono….  ? Eh…

Esempio, le applicazioni. Le app a disposizione sono fantastiche, il market Apple al momento è forse ancora il migliore. Però le app sono blindate – o così mi appaiono. Non hanno interazione con l’ambiente esterno, eccezion fatta per la nuova barra di notifica (mutuata da Android). Non sono permessi i widgets. In altre parole, per vedere che tempo fa, devo aprire l’applicazione relativa. Per leggere le ultime notizie, devo passare ad una altra app. Per gli appuntamenti, idem. Non è che accendo il display e trovo le informazioni tutte lì, pronte. Devo passare dentro le applicazioni. Sono come universi splendidi, curatissimi, ma che non parlano con l’esterno. Se apro il mio Xperia Ray (certamente non confrontabile all’iPhone come caratteristiche globali, ma dopotutto costa un terzo…) ho a colpo d’occhio le notizie recenti, i feed più aggiornati, gli appuntamenti, gli impegni. Senza entrare in nessuna applicazione. Con iOS, nonostante tutta la sua evoluzione, questo non è possibile.
Perché non ci sono i widgets? Chiedevo con curiosità a degli affezionati utenti di iPhone. Perché sono confusionari… mi dice uno. Perché non mi interessano, hanno deciso che non mi interessano mi dice, significativamente, un altro.
Altro esempio, le notifiche. Immaginiamo, ho lasciato l’iPhone sul divano. Può capitare, ci mancherebbe. Mi metto le pantofole, mi affaccio sul salotto. Lo vedo. La debole luce della luna piena filtra dal finestrone;  è sufficiente per definire i contorni degli oggetti. Ci saranno messaggi in attesa? Chiamate perse (mi sono addormentato, potrebbe essere…), email da leggere? La carica è bassa, non é che devo ricaricarlo? C’è qualcosa insomma che richiede il mio intervento? Boh. Non lo so. Non lo so se non lo prendo in mano, accendo il display. Perché lui, di suo, non fa nulla. Monolite perfetto.
L’Android ha questa cosa che trovo comodissima. Semplice. Se c’è qualcosa, lampeggia. Altrimenti, se ne sta buono. Geniale, dovreste provarlo. Mettiamo, verde se ci sono notifiche, rosso se la batteria se la sta vedendo male. Così – a meno che non sia proprio spento – mi basta un’occhiata per capire se mi sta chiamando oppure no. 
L’altro giorno stavo in palestra. Carica bassissima. Cavolo, non l’ho ricaricato a casa! Rosso lampeggiante. Ogni tanto lo guardavo, non osavo più accendere il display per paura di consumare inutilmente l’energia rimasta. Ma sapevo che ancora non si era spento: la lucina rossa lampeggiante, appunto.
Xperia Ray, piccolo sì,
ma di una certa eleganza…
La gestione energetica? Vogliamo risparmiare ‘sta batteria? Su Android c’é il widget che accende e spegne rapidamente il bluetooth (ottimo per l’auricolare: meno lo avvicino alla testa, dopotutto, meglio è…), il wifi, la luminosità dello schermo, accendo e spengo il traffico dati su rete telefonica… Su iPhone, con tutto quello che costa, non lo posso fare. 
Ci sono altre cosette… la pila dell’iPhone non la posso cambiare. Funzioni o no, è tutta inglobata nel telefono. Per farlo funzionare, poi, devo sostituire la SIM. Ci vuole la micro SIM, infatti. Mi dicono che anche altri telefoni la adottano. Ok, comunque limita la mia capacità di spostarmi da un apparecchio ad un altro. Sono a corto di memoria per applicazioni e musica (vedi a voler portarsi appreso la musica insostituibile, come tutta la collezione di Albano e Romina, poi le collections dei Ricchi e Poveri…); posso cavarmela comprando – diciamo – una micro SD, ormai disponibili per una manciata di euro? Niente affatto, niente predisposizione per schede esterne. Ovvero, la memoria la decidi all’acquisto, la paghi ad Apple (e la paghi proprio tutta) e da lì non ti muovi più.
Non fraintendetemi. Mi piace un sacco. Le caratteristiche hardware sono ottime. Le applicazioni sono molto belle, per la gran parte (insomma, se me lo regalano.. alla fine dovrò cancellare questo post). 
Però la sua filosofia, non mi convince appieno. E per un oggetto che costa sui seicento euro (e passa), se qualcosa non ti convince, magari ci pensi due volte…

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Dalla tavoletta… all’universo

Senza voler eccedere nell’uso di paroloni, si può ben dire che l’avanzare rapido della tecnologia informatica si presta bene alla diffusione di contenuti di alta divulgazione, che prima magari erano appannaggio di pochi privilegiati. Davvero adesso non è difficile (magari masticando un pochino di inglese, ma non è poi tanto indispensabile) rimanere aggiornati sul progresso – praticamente quotidinao – delle nostra conoscenza dell’universo…

Siti web di aggiornamento, grazie al cielo (verrebbe giustamente da dire), ve ne sono ormai tantissimi, e di buon livello. Quelli di lingua inglese poi proprio non si contano, a partire dalla serie di pagine della NASA, veramente incredibili per qualità e frequenza di aggiornamento; in italiano una buona sorgente di informazione è MEDIA INAF, di cui più volte abbiamo riportato link e notizie anche qui su GruppoLocale (permettetemi soltanto di dire che quando GruppoLocale nacque, la situazione italiana era davvero molto meno sviluppata…)
L’universo dentro un Ipad… o almeno,
le notizie ad esso relative!
Sulla scia della diffusione dei tablet sono sorte delle applicazioni che rendono ancora più interessante e piacevole la consultazione delle notizie provenienti dallo spazio. Una davvero eccellente, su cui vogliamo spendere qualche parola adesso, è quella per iPad/iPhone sviluppata dal sito portaltotheuniverse.org, di per se un eccellente punto di entrata per avere una panoramica (in inglese) sulle notizie più interessanti riguardanti lo spazio.
L’applicazione è scaricabile gratuitamente da iTunes. L’ho provata sul mio iPad, e devo dire che l’esperienza d’uso è molto interessante e gradevole.
L’applicazione organizza le notizie del sito in forma di giornale sfogliabile, con foto e titoli delle notizie in bella evidenza e tutto quanto si richiede dalla consultazione di una piacevole e colorata rivista. Chi ha esperienza di programmi per iPad può riconoscere qualcosa del paradigma concettuale che sta anche dietro ad applicazioni di successo come Flipboard o Zite, ad esempio.

Con la differenza, non trascurabile, che qui è l’universo che prende tutta la scena…. 🙂
Pubblicato originariamente su GruppoLocale.it

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Ma la filosofia batte la tecnica, ce lo dice iPhone.

Le analisi sempliciotte non mi convincono. La filosofia, l’estetica, non sono morte, schiacciate dalla tecnica. A volte non me ne rendo conto, ma hanno stravinto, invece. Hanno stravinto loro. Perché sono loro che dettano le scelte di alcuni prodotti di successo. Senza saperlo, milioni di persone portano in tasca un oggetto che è fatto proprio come è fatto non per qualche meccanismo di selezione “naturale” che abbia filtrato le scelte imperfette, nossignori. Piuttosto, per la specifica visione del mondo di una singola persona. Per quello che crede, che sogna, che giudica bello, buono. Per i pensatori, i filosofi, le dottrine che lo hanno influenzato. Per la religione che professa.
La filosofia, la fede, l’estetica, battono la tecnica. La tecnica si modella intorno a queste, obbedisce. Ha delle istanze sue, certamente, ma si adegua. Il caso recente più eclatante è probabilmente quello di Steve Jobs e della mancata uscita di iPhone 5 sul mercato, proprio quando era previsto ed atteso praticamente da tutti.

Filosofia UFPR yey!
Quanto deve la mancata uscita di iPhone 5
alle categorie estetiche e filosofiche di una sola persona?

E badiamoci, non è che non è stato sviluppato. E’ stato bloccato, è diverso. Eì arrivato fino in fondo e poi gli è stato detto non va bene. Cos’è che aveva di sbagliato? Non era affidabile nelle telefonate? Non aveva abbastanza memoria, o un processore sufficientemente rapido? No, il punto non è questo. Non è la tecnica, ma l’estetica. Un criterio estetico, funzionale, ha motivato il blocco: avrebbe rotto il minimalismo e l’uniformità della casa di Cupertino. Avrebbe introdotto un principio di frammentazione tanto inviso al fondatore della Apple. 
Non è necessariamente la scelta migliore, da un punto di vista pragmatico. Gli smartphone stanno diventando sempre più terminali internet portatili, sempre più mini tablet, dunque si assottigliano (come permette la tecnica) e si dotano di display più grandi (per un uso del web più simile all’esperienza desktop). Quanto resisterà iPhone? Quali saranno le scelte della nuova dirigenza?
Credo sia interessante anche guardare alla competizione iPhone – Android come allo scontro tra le due filosofie che governano le linee di mercato dei dispositivi ove sono montate. Da una parte la fedeltà ad uno stile, l’uniformità assoluta, imposta e garantita (con il vantaggio della compatibilità a prova di bomba delle applicazioni — semmplice dopotutto, visto che la varietà di hardware praticamente non esiste), dall’altra la massima flessibilità, portabilità (con i suoi vantaggi, come una rosa di scelta di terminali incredibilmente ampia, e i suo limiti, dettati proprio dalla varietà, o se vogliamo dalla frammentazione tanto temuta ed avversata in casa Apple)
Comunque sia, è intrigante riflettere sul fatto che in un mondo che ama penasarsi sempre più disincantato, sono scelte filosofiche e linee di pensiero antichissime, alla fine, a dettare legge su scelte progettuali e  linee di produzione di oggetti diffusissimi e mordernissimi. 
L’iPhone o l’Android che teniamo nella borsa me lo testimoniano, e in un certo senso mi rassicurano: non possiamo ancora fare a meno della filosofia, dell’elaborazione del reale, della ricerca del significato.  Non potremo mai.
C’è un’anima – un sentire, una umanità – senza la quale anche la tecnica non è che vuoto esercizio senza capacità di attrattiva. Grazie al cielo.

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