Twitter, segno di un mondo al collasso?

Non mi sono pentito di avere (praticamente) abbandonato il mio account Twitter, tempo fa, per approdare a Mastodon. Sempre più il destino della piattaforma di microblogging sembra essere legato alle eccentricità del suo nuovo proprietario, per cui è lecito perfino dubitare sul destino a lungo termine di tale piattaforma. Per citare Paolo Attivissimo, la gestione di Twitter sotto Elon Musk sta inanellando una serie di idiozie informatiche davvero straordinarie.

Quanto è libero il canto degli uccelli! Ma quello blu?

L’ultima mossa è la scomparsa di Twitter Inc. che, come annota HDBlog.it, segna la nascita di una nuova era, sempre più Musk-dipendente. Dove appunto Twitter Inc. si scioglie nelle varie x-qualcosa dell’eccentrico miliardario.

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Tecniche di trasloco, da Geocities fino a Mastodon

In un certo senso mi ricorda quello che accadeva su Geocities, molti molti anni fa. Dove ti sceglievi un quartiere per abitare, a seconda dei tuoi gusti, delle inclinazioni, di quello che volevi pubblicare. Anche, dei vicini che preferivi avere. Ricordo che io ad un certo punto passai dal quartiere di CapeCanaveral al quartiere Paris/Bistro (i nomi degli arrondissement erano pensati al fine di organizzare tematicamente le varie pagine, per cui si vede già da questa mossa che la mia parte creativa stava lottando per emergere sempre più su quella razionale/scientifica).

Potevi appunto traslocare, se trovavi un quartiere che ti rappresentava di più. Certo, era appena un gioco, ma l’analogia con le vere abitazioni era straordinariamente potente,secondo me. A rinforzare la metafora, cliccando sul quartiere ti si apriva una pagina con delle casette connesse da una strada, ogni casetta ovviamente era la homepage di qualcuno: potevi cliccare ed entrare.

Traslocare è un’arte, dove la creatività trova ampio spazio…

Geocities era ovviamente un servizio centralizzato. Cambiare casa era appena cambiare indirizzo (sul web), ma non era niente di più. Per arrivare al presente, cambiare casa su Mastodon è un po’ diverso, in effetti. Vuol dire realmente cambiare. Migrare su un nuovo server (probabilmente), in una instanza differente, con persone diverse, regole diverse, amministratori diversi. Insomma un vero cambiamento.

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Fare casa nel fediverso?

Uno dei sottoprodotti più interessanti di tutta la bagarre che c’è stata (e ancora c’è) in seguito all’acquisizione di Twitter da parte di Elion Musk, con tutto il casino derivato anche dalle mosse incongrue del noto miliardario (come Paolo Attivissimo ha gustosamente documentato nel suo podcast, alcuni giorni fa), è che molta gente ha cominciato, come dire, a guardarsi intorno.

Passeremo dall’uccellino al mastodonte? Presto per dirlo, ma è il momento giusto per provare…

Sì, a cercare di capire se ci sono alternative praticabili a Twitter, per esempio. Sarebbe peraltro legittimo dubitare di una piattaforma finita in mano ad una persona che, in appena un giorno, ha licenziato metà dei dipendenti, si è mosso in modo randomico per cui si è fatta grande confusione con i famosi “bollini blu” di autenticazione, e infine – chicca delle chicche, probabilmente – ha affidato ad un sondaggio online una cosa tanto delicata quanto il ritorno su Twitter di Donald Trump.

Per inciso, sull’esito (di poco) favorevole al rientro di Donald (che peraltro ha detto grazie ma anche no) Elion si è affrettato ad affermare Vox Populi Vox Dei. Peccato che però tale conclusione – nel caso di Twitter almeno – sia parecchio discutibile, come altri hanno subito evidenziato.

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