I bizzarri limiti di Outlook per Windows

Sono ormai molti anni che ho a che fare con l’informatica (come potreste agilmente verificare raspando indietro in questo blog). Di conseguenza sono anni ed anni che ho a che fare con la posta elettronica. Fin da quando tale posta non viaggiava su Internet (che non c’era, o quasi) ma su rete Decnet, e ad essere raggiungibili (con tale sistema) erano solo le persone negli istituti scientifici. E ci si scriveva (prevalentemente) per motivi professionali, su terminali testuali, in monitor a fosfori verdi. Dovrei essere abituato un po’ a tutto, diciamo, per quanto riguarda lo scambio di corrispodenza digitale.

Immagine generata con Bing Creator

Eppure, certe cose mi creano ancora un (moderato) sconcerto. Per esempio, prendiamo Outlook, il famoso guardafuori, client email ufficiale di Microsoft.

Attualmente lo sto provando in ambiente Mac con una certa soddisfazione. Sì, perché Microsoft ha preso da tempo la sana abitudine di rendere disponibili molti dei suoi applicativi anche in ambiente Apple.

Fatemi subito dire, viste le premesse, ci si aspetterebbe che la versione d’eccellenza di un programma Microsoft sia quella che gira proprio su Windows, essendo il sistema operativo proprietario della ditta medesima. Nella eventualità in cui le versioni su diversi sistemi operativi arrivino all’utente finale, con caratteristiche diverse.

Che così accada in questo caso, è assai semplice verificarlo. Basta scaricare Outlook (che ora è gratis) su un Mac e su un PC per accorgersene. Che sia però vera l’assunzione che ho appena ipotizzato, beh è tutta un’altra storia. Come ho imparato quando, preso dall’entusiasmo per la validità e anche la bellezza del client Outlook per il Mac, ho voluto subito istallarlo anche sul mio portatile Windows.

E lì c’è stata la doccia fredda.

Perché i due Outlook – a dispetto del medesimo nome – sono diversi, ma diversi anche in faccende che per me sono diventate irrinunciabili in un client email, come la casella di posta unificata. Avrete capito, ma in breve, è quella prerogativa del programma, per cui se hai varie caselle di posta (e chi non le ha, magari una privata, una per il lavoro, una per le mailing list), puoi scegliere di vedere la nuova posta sia casella per casella, sia in una vista unificata, per avere tutto comodamente sotto controllo.

La casella di posta unificata ormai è di casa su tutti i programmi moderni per la posta, inclusi quelli per cellulari e tablet. Non solo ce l’ha Apple Mail, ma ce l’ha Thunderbird, ce l’ha l’ottimo Vivaldi Mail, eccetera (si potrebbe andare avanti parecchio).

E infatti, come ci si potrebbe aspettare, ce l’ha anche Outlook. Ma attenzione, quello per OS X. Quello per Android. Quello per Windows, invece no.

Ora, questa cosa è piuttosto difficile da digerire, ed infatti non ci volevo credere e dunque ci ho messo un bel po’ di tempo smanettando su Windows per attivare questa posta unificata che, in effetti, non c’è. Come si vede nel prontuario delle differenze, diligentemente compilato dalla Microsoft, al quale mi sono dovuto arrendere.

Chiaro e tondo…

Ad aumentare la stranezza della cosa, va detto che perfino l’oltremodo spartano programma Posta – di default sulle istallazioni Windows fino a ieri – aveva questa caratteristica. Ora Windows sta spingendo ad abbandonare quel programma (che infatti verrà presto dismesso) per adottare Outlook, al suo posto. Il quale, al proposito, viene pomposamente definito il futuro di Posta, Calendario e Persone. Roba forte, no? Il quale futuro però – almeno al presente – non ha la posta unificata.

Nonostante questo, lo stanno spingendo parecchio. Con tanto di video pubblicitari (qui sotto) e di pagine dedicate

A questo punto sorge inevitabile la domanda, ma perché? È così difficile implementarla, questa posta unificata? E se c’era nel vecchio programma Posta? E perché la devo perdere, questa possibilità? Al momento, mi tocca ricorrere ad un altro programma di posta, se la considero irrinunciabile.

Insomma, se c’è una logica in tutto ciò, questa logica, al momento, posso dire che mi sfugge.

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Debian, l’italiano e l’intelligenza (artificiale)

Premetto che non sto per scrivere niente di esagerato sull’intelligenza artificiale, o almeno lo spero. Sono totalmente con Faggin quando avverte che c’è in essa, ben poco di “intelligente”. Sono marchingegni ben studiati, che possono indubbiamente essere utili (e di questo parlerò) ma niente di più (ed è già tantissimo).

E comunque – per una persona come me che ha visto Internet nascere (e arrivare negli istituti di ricerca prima ancora che la gente sapesse che c’era questa grossa cosa nuova), anzi che ha trascorso su questo pianeta molti anni prima che Internet vedesse la luce – osservare queste ultime evoluzioni è qualcosa che colpisce. Veramente stiamo entrando in un’altra epoca. E questo, non tanto perché abbiamo creato qualcosa dotato di una intelligenza propria, perché non assolutamente così (ancora, ascoltare Faggin per convincersi o leggersi il suo libro, Irriducibile). Quanto piuttosto, per la indubbia comodità di un nuovo strumento che diverrà – ci scommetto – sempre più parte della vita quotidiana. Fino ad apparirci indispensabile, se per alcuni non lo è già.

Tutto comincia con la posta (come sovente accade)

Collettivamente, siamo in un periodo di riflessione profonda sui vantaggi e sui problemi dell’intelligenza artificiale. E non potrebbe essere che così, in questa fase. Tra un poco la useremo e basta, dimenticandoci allegramente di tutto il contesto filosofico che ora è invece in primo piano. D’altronde accade sempre così, è successo con i lettori walkman1, con i primi videogiochi, con i telefoni cellulari, con la televisione a colori, praticamente con tutto.

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