“Le vite di Galileo”, parte prima

Prima parte di un articolo di Sabrina Masiero 
Dipartimento di Astronomia dell’Università degli Studi di Padova
 
“Le vite di Galileo” è il fumetto ufficiale dell’Anno dell’Astronomia 2009 (IYA2009) che lo svizzero Fiami ha realizzato in due anni di lavoro, contattando astronomi, storici della scienza e filosofi. In questi giorni il fumetto esce nella sua versione italiana grazie all’imprimatur della casa editrice CLEUP, Cooperativa Libraria Editrice Università di Padova. Un regalo che la città di Padova (dove Galileo visse “li diciotto anni migliori della mia età” come scriverà due anni prima di morire) e l’Università patavina (dove Galileo fu professore di matematica) fanno al grande scienziato italiano, quattrocento anni dopo le sue più grandi scoperte col cannocchiale, tra il 1609 e il 1610.

Si parla di “vite” di Galileo e non di “vita” di Galileo, in quanto Fiami racconta la storia dell’astronomia in sei grandi tappe: si parte da Babilonia (nel 568 a.C.), dove un bambino di nome Galilosor impara a scrivere nell’argilla umida con un piccolo giunco e a leggere nel cielo. “Il cielo appartiene agli Dei, non toccarlo figliolo!” dice il padre quando si rende conto che suo figlio osserva il cielo e vuole studiare dal tramonto all’alba, non dall’alba al tramonto come fanno tutti gli altri, perché la sua più grande passione sono le stelle che si osservano, appunto, di notte.

Si passa poi ad Alessandria d’Egitto (nel 197 a.C.) dove due discepoli di Archimede, Galilosor e Simpliocios, vanno a trovare il grande Eratostene, allora Direttore della Biblioteca di Alessandria, che mostra loro come riuscì a calcolare la circonferenza terreste. Naturalmente, in poche vignette si intuisce il genio di Eratostene che determinò con un errore di soli 74 chilometri la dimensione della circonferenza terrestre (circa 40.000 anziché 40.074 chilometri, quest’ultimo un valore ricavato con misure più precise e moderne).

La terza tappa è a Kusumapura, in India, nel 499 dove Galilala si intrattiene a parlare di cielo con un grande astronomo dell’epoca Aryabhata, che all’età di 23 anni aveva già pubblicato il primo trattato di astronomia giunto fino a noi. Undici secoli prima di Galileo, Aryabhata parlava già di relatività, quella che sarebbe stata definita più tardi “relatività galileiana”, affermando cioè che se fossimo su una nave e osservassimo una montagna, essa ci apparirebbe muoversi in senso opposto alla direzione di moto della nave.
La quarta tappa è ambientata nella Venezia del 1609. Nell’estate di quell’anno, Galileo viene a conoscenza da alcuni amici che un ottico in Olanda aveva costruito un giocattolo: un tubo con alle estremità due lenti, una concava da una parte, una convessa dall’altra. Abile e veloce, Galileo in pochi giorni se lo costruisce e lo punta verso il cielo. E’ il cannocchiale, col quale avrebbe fatto le sue più grandi scoperte. Il primo oggetto che osserva è, naturalmente, quello più luminoso e grande del nostro cielo notturno: la Luna. Galileo la osserva diversa da come si diceva doveva essere. Non è affatto liscia, ma scabra e ricoperta di montagne: schiere di filosofi e scienziati fino a quel momento avevano affermato il contrario.
All’inizio del gennaio del 1610, Galileo punta il suo cannocchiale verso Giove e, giorno dopo giorno, scopre la presenza di quattro ”stelle” attorno a Giove, che intuisce essere in realtà quattro satelliti del pianeta, come lo è la Luna per la Terra. Questo sistema solare in miniatura fa crollare venti secoli di certezze e apre la strada alla vera indagine scientifica del cosmo….

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