Il meglio che si possa avere

Ho ripescato quasi per caso un post del 2014 in cui spiegavo perché “stavo con Apple” riguardo la scelta di un tablet. E con una certa curiosità mi sono messo a sfogliare la lista dei motivi per cui al tempo la mia scelta era caduta su iOS e non su Android. Questo mi fa capire ancora di più come le cose cambino velocemente, in campo tecnologico.

Per gioco, provo a riprendere i quattro punti dell’articolo orignale e aggiornarli. Inserisco qui di seguito una piccola tabella, a sinistra la voce originale del post del 2014, a destra la situazione odierna.

primaadesso
Non posso leggere i numeri di Poesia in digitaleLa rivista Poesia (ahimè) non pubblica più i suoi numeri in digitale, per nessuna piattaforma
Non posso leggere TracceTracce è da tempo disponibile sia per iOS che per Android
Non posso usare DayOneDayOne è ora disponibile anche per Android. Io però nel frattempo sono migrato a Journey per il diario personale
Non posso usare MomoNoteNon lo uso più. Ormai ci sono un sacco di buoni software per note, per tutti i sistemi operativi

In effetti molti dei motivi che avevo prima per preferire un dispositivo iOS sono ormai svaporati. E difatti da tempo uso un tablet Huwei, il glorioso – e per certi versi imbattuto – Huawei Mediapad M5, insieme con un Samsung Tab A8 acquistato più di recente, in caso serva uno schermo un poco più grande.

Per essere completi, andrebbe anche detto che se alcuni motivi sono spariti, se ne sono aggiunti altri che prima non avevo listato. Prima cosa il software per scrivere: su iOS potrei far girare Ulysses come pure iA Writer. Su Android Ulysses non esiste proprio e lo stesso iA Writer, pur esistendo, è decisamente più primitivo rispetto alla sua controparte per il mondo Apple.

Su iA Writer, come pure sullo struggimento per Ulysses e suoi miei ondeggiamenti verso il mondo Apple per (ormai) sua quasi esclusiva responsabilità, ho già scritto di recente.

Piuttosto, il vero problema, da come la vedo io, è che per qualche motivo – soprattutto nell’universo Android – c’è pochissima attenzione ai tablet di piccolo formato, che io invece trovo comodissimi. Basti dire che le caratteristiche del mio MediaPad (uscito, vorrei ricordare, nel lontano 2018), lo rendono ancora superiore – per molti versi – rispetto ai tablet contemporanei di comparabile grandezza.

Avevo ben sperato, per la verità, nell’uscita del Galaxy Tab A9 della Samsung, per poi patire l’ennesimo disappunto. Nella versione a 8.7 pollici, è decisamente un tablet economico con poche pretese: basti confrontare la risoluzione dello schermo, che è di 1340 x 800 pixel, con quella del MediaPad, che è invece di 2560 x 1600 pixel invece… bella differenza, no?

Per dirla tutta, il MediaPad infatti se la cava ancora più che bene. Tra l’altro a differenza degli Huawei moderni, ha pieno accesso al Play Store di Google, perché è stato prodotto prima dell’infausto blocco decretato per la casa produttrice cinese. Gli unici punti in cui senti di avere in mano qualcosa di un po’ datato, sono la memoria interna che al giorno d’oggi risulta davvero scarsa (miseri 32 GB, il che mi costringe a continue lotte per mantenere un po’ di spazio libero) e il fatto che la versione di Android sia bloccata, da tempo immemore, alla release numero nove.

Aggiornamenti, da tempo non ne vedono più: fino ad un certo punto sono arrivati quelli di sicurezza, ora mi pare che dalla casa madre non arrivi più nulla. Tutto tace. Ed è un vero peccato, perché il dispositivo di suo è veramente ottimo. Ribadisco, da tempo volevo sostituirlo con un altro circa della stessa dimensione, ma non trovo ancora nulla di percettibilmente migliore.

C’è insomma questa idea, che quello piccolo è quello economico, pensato per chi vuole spendere poco. Ma perché mai? Che c’entrano le dimensioni dello schermo con la spesa che si vuole affrontare? Quello piccolo è comodissimo da portare in giro, e potrei volerlo preferire ad uno più grande in diverse occasioni – pretendendo comunque un dispositivo dalle prestazioni onorevoli. Il fatto che il Tab A9 di dimensioni maggiori (indicato significativamente come Plus) abbia caratteristiche tecniche ben più allettanti rispetto al Tab A9 piccolino, del resto, la dice lunga su ciò che pensa Samsung.

Niente, su questo rimane solo Apple – piaccia o no – che sembra crederci, nei piccoli tablet. Per dire, il suo iPad Mini del 2021 non è affatto una versione degradata di un tablet più grande, ma rimane in sé un aggeggio di tutto rispetto (noto tuttavia che la sua risoluzione non raggiunge ancora quella del MediaPad, attestandosi su 2266 x 1488 pixel). E già si vocifera che una prossima versione di iPad Mini arriverà sugli scaffali dei negozi tecnologici, in questo stesso anno.

Già, ma Apple è Apple, nicely overpriced (come recitava una delicata presa in giro uscita tempo fa), e per ottenere un iPad Mini attualmente bisogna cavare fuori dal portafoglio la cifra non del tutto trascurabile di 659 Euro, stando al prezzo di listino. Lo so bene, non è la prima volta che mi spiaccico addosso alla politica dei prezzi della casa di Cupertino, riportandone varie contusioni.

E dunque? Niente, per ora mi tengo i miei due tablet Android. E vediamo un po’ cosa succede, nei prossimi mesi. E intanto che li uso, mi meraviglio delle stranezze del capitalismo internazionale, per cui un tablet di quasi cinque anni fa, fermo ad Android 9, è ancora – per certi versi – il meglio che si possa avere.

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Miglior tablet otto pollici 2021 (tipo)

Complice il tempo libero delle vacanze, ho iniziato una ricerca per capire, in prospettiva, se fosse il caso di sostituire il mio tablet Huawei MediaPad M5 (8.4 pollici) che potrebbe essere considerato non nuovissimo, visto che è stato acquistato a novembre del 2018 (per il mio compleanno). Dopotutto, due anni e mezzo abbondanti non sono pochi per un arnese elettronico, in tempi come questi.

Per completezza, devo dire che qualche tempo fa mi sono fatto tentare da un’offerta molto allettante, e mi sono concesso l’acquisto di un iPad (settima generazione) come potenziale sostituto al MediaPad M5, e anche per avere un punto di accesso al modo di vedere Apple, se mi capite (riguardo al quale risento di una forza di attrazione oscillante in modo periodico).

Tuttavia, senza nulla togliere all’iPad (che mi è ben servito per dei lavori specifici, e che attualmente usa perlopiù mia figlia con molto profitto), proprio in questa occasione ho realizzato quanto per me sia comodo il formato otto pollici (tipo). In particolare, come questo realizzi un compromesso veramente splendido tra uno schermo ampio e leggibile e una discreta portabilità.

Siamo d’accordo che un (tipo) otto pollici è la cosa migliore?

Un tablet (tipo) otto pollici te lo porti in giro come se nulla fosse. Se stai leggendo e non vuoi interrompere puoi portartelo perfino al bagno, senza apparire troppo eccentrico (personalmente, non riesco a trasportare in modo dignitoso/casual un dieci pollici nel bagno, non so voi). Per leggere libri – in mancanza del fido Kindle che certo realizza l’esperienza ottimale di lettura, o anche per gli ePub che il Kindle sdegnosamente rigetta – è diecimila volte meglio (fidatevi) di un dieci pollici. Play Book si esprime alla grande sul mio MediaPad. Hai voglia a portarti in giro un dieci pollici per leggere un libro: niente, non è pratico.

Ugualmente quando si tratta di riviste digitali. Lo schermo del MediaPad è quello giusto, non c’è niente da fare. Più piccolo è un fastidio leggere, più grande è un fastidio tenere il lettore in mano. Certo devo usare gli occhiali, come con una rivista cartacea (non invecchiano solo i tablet, bisogna serenamente ammetterlo). Ma qui la cosa è mitigata perché posso allargare un po’ la pagina. Questo per dire, che Readly è di casa sul mio MediaPad. Certo, ho provato Readly anche su iPad, ci mancherebbe. Molto bello, forse superiore come animazioni e transizioni (iPadOS contro Android Pie, il primo vince facile) che si godono sfogliando le varie riviste. Ma niente, scomodo leggere su un dieci pollici, alla fine. Almeno questa è la mia impressione, adesso (le mie impressioni, lo so bene, cambiano con il tempo).

Anche questo, il formato. Ho sempre avuto problemi a digerire il rapporto di dimensioni di MediaPad: fosse stato per me, l’avrei fatto più largo e meno alto. Così, esteticamente: un poco più chiatto. Invece con quel rapporto 16:10 sembra un grosso telefono, non un tablet. Ma quando si parla di vedere Netflix, beh appare semplicemente perfetto. Ah, ovviamente anche YouTube. Dunque, si capisce perché l’han fatto così.

E qui voglio spezzare una lancia sulla genialità dei tecnici Huawei di aver messo i due altoparlanti sui lati corti opposti, in modo che si posizionino alla perfezione quando guardi un video in modalità orizzontale (che è la cosa più ragionevole), restituendoti un suono stereo più che dignitoso. Ah, se vi viene da dire beh ma ce ci vuole forse non avete realizzato come sono dislocati gli altoparlanti di iPad. Ve lo lascio scoprire, come l’ho (amaramente) scoperto io. Se vi trovate un senso, perfavore scrivetelo nei commenti. Devo ancora capirlo.

Nel complesso, sui vantaggi e svantaggi degli otto pollici si possono spendere molte parole, ma alla fine è questione di gusti personali e di come viene usato lo strumento. A me piace che il MediaPad si possa portare in giro molto facilmente, per dire. Già l’iPad ha un ingombro diverso, e si vede.

Quindi da tutto questo sproloquio, avrete capito che un otto pollici (o se vogliamo, otto e un po’) non mi dispiace. Anzi. E quindi, dopo aver cercato su Ecosia best tablet 2021 e cose simili, e aver trovato sorprendentemente pochissimi modelli (tipo) otto pollici, ho raffinato la ricerca e ho tentato aggiungendo, appunto, la specifica degli otto pollici. Così, tanto per andare dritto al punto. Ci sono diversi siti che fanno le loro liste, tra cui WordofTablet (apprezzabilmente nel circuito di ricompense Brave), o anche Lifewire, ed inoltre mytabletguide oppure (in italiano) 10best ed anche AltroConsumo. E via di questo passo.

Qui casca l’asino (diciamo). Se verifico le specifiche di moltissimi di questi, anche usciti più di recente del mio, spesso mi scontro con modelli inferiori, in un senso o nell’altro. Le chiacchiere stanno a zero: difficile trovare modelli con oltre 4 GB di RAM e con risoluzione superiore a 2650 x 1600, appunto (avrete indovinato) le specifiche del MediaPad. Esistono ovviamente una miriade di tablet migliori – e ci mancherebbe altro che mancassero – ma praticamente sempre con il formato dieci pollici o più.

Certo un valido competitor è iPad mini (in verità un poco più piccolo, con i suoi 7.9 pollici di diagonale). Se guardo però la risoluzione, emerge che iPad vanta una griglia di 2048×1536 pixel, dunque inferiore al mio MediaPad. Certo la risoluzione non è tutta la faccendo (poi è vero, la creatura di Apple ha uno schermo più piccolo), ma passando da MediaPad ad iPad mini, sentirei di perdere qualcosa. In questi casi, conta soprattutto se uno vuole (ri)entrare nell’universo Apple, anche magari ad un prezzo un po’ elevato. C’è da capire se vale la pena, e questo è un discorso essenzialmente individuale.

Al di là del fatto che ho compreso – a distanza di anni, d’accordo – che con il MediaPad ho fatto un buon acquisto, è evidente che l’industria non punta molto sugli otto pollici. Non ci crede, non spera di poterci guadagnare abbastanza.

Il che per me rimane un grande mistero. Lo aggiungo allora ai misteri riguardanti lo sviluppo tecnologico, che ormai ce ne sono tanti. Perché la gente si è accanita per anni ad usare Internet Explorer quando era ormai un rottame capolavoro di bachi e maestro d’inscurezza e non adesione agli standard W3C, mentre emergevano già browser più sicuri ed addirittura con la navigazione a schede come Firefox, ad esempio. Oppure, perché VHS ha vinto contro Betamax, tecnicamente superiore (dice chi ci capisce).

Ed intanto mi tengo il mio MediaPad. Che certo, è rimasto ad Android Pie ma, con qualche ritocco e l’interfaccia così carina di Microsoft Launcher, al posto di quella di Huawei (ormai ferma, come è fermo il suo Android), tanto male non è.

E mi interrogo, di quando in quando, sui misteri dell’informatica.

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Nexus vs Ipad: leggere il Corriere

All’indomani del famoso e discusso KeyNote di Apple, dove sono stati presentati tra le altre cose il nuovo iPhone 6 e gli iWatch, ha iniziato a girare in rete un simpatico e assai impietoso confronto tra le caratteristiche hardware del nuovo melafonino e del Nexus 4, un modello di smartphone Android in commercio già dal 2012.

Iphone6 vs nexus4

Nonostante le perplessità che nutro per le novità presentate nel KeyNote, mi sento di dire che questo confronto è misleading, in buona sostanza. Giova ripeterlo: non è nelle caratteristiche hardware che si appoggia chi sceglie (consapevolmente) un prodotto Apple. Non è una novità che per avere l’hardware migliore – a parità di prezzo – di solito è meglio rivolgersi altrove.

Ho scelto l’iPhone non per l’hardware in se stesso: ho scelto l’iPhone – e l’iPad (l’ormai vetusto iPad 2) – per la eccellente integrazione di hardware e software. E per le caratteristiche di iOS. E per il software che ci gira sopra. E per come ci gira sopra (more on this later).

Perché il confronto è fuorviante? Per lo stesso motivo per cui non conta vantare i megapixel di una camera digitale come se da soli facessero la differenza. Facciamo un esempio che fa capire meglio l’errore. Un esempio che ho provato, diciamo, sulla mia pelle. E che potete divertirvi ripetere a casa vostra, come si dice, se disponete del materiale necessario.

Prendiamo il Corriere della Sera. O meglio, la sua app (per Android e iOS). Va bene, voi potreste preferire un altro giornale. Non vi preoccupate, non è questo il punto. Prendiamo dunque l’app del Corriere su due dispositivi diversi: l’iPad 2 e il Nexus 7  2013 (casualmente, quelli che sono in mio possesso).

Facciamo una ulteriore premessa. Doverosa. L’hardware del Nexus è oggettivamente superiore a quello dell’iPad 2. Basterà dire che l’iPad ha un processore Apple A5 1 GHz Dual Core mentre il Nexus incorpora un Qualcomm Snapdragon 600 donwcloccato a 1.5 GHz (quad core). D’altra parte è un modello molto più recente, il Nexus. Notare che incorpora l’ultimissima versione di Android.

Sembrerebbe dunque un confronto impari. Un modello di tablet del 2013 contro un modello del 2011. E intendiamoci: per molte cose in effetti il Nexus è decisamente più responsivo.

Poniamo però che uno acquisti il tablet anche (se non solo) per leggersi il giornale. E qui iniziano i guai. 

Facendo i confronti, la lettura del Corriere risulta estremamente più fluida sul vecchio iPad 2 che sul Nexus (provate, provate pure). Intendo, ovviamente, utilizzando l’applicazione ufficiale – aggiornata all’ultima versione – su entrambi i sistemi. Mentre sull’iPad tutte le operazioni di giro pagina, ingrandimento articolo, pinch to zoom sono sorprendentemente fluide, sul Nexus si riscontra subito come la risposta appaia fastidiosamente irregolare e percettibilmente “a scatti”. Di fatto la lettura diventa un processo irritante, per nulla naturale. Tutt’altra cosa sull’iPad. Sull’iPad vecchio, per intenderci.

Ora, questo è un caso particolare, di appena una applicazione.

Non vuol dimostrare nulla.

O forse sì. Una cosa la dimostra. Che la semplice contrapposizione dell’hardware – per qualche motivo che qui non approfondiamo – non spiega tutto. 

In breve: chi avesse comprato il Nexus per leggere il giornale, facendo il confronto dell’hardware, avrebbe fatto davvero un pessimo affare. 

Ora mi direte: ma l’app su Android non è matura, ma il processore grafico, ma questo e quello… Ma un domani…  

Ok, quello che volete. Ma il fatto resta: il Corriere si legge molto molto meglio su un iPad di tre anni fa, che sul Nexus dell’anno scorso. A voi capire perché.

Ma a me dichiarare  che questi confronti hardware lasciano – per buona parte – il tempo che trovano. 

Almeno per chi legge il corrierone.  

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Nexus vs Ipad: Google Books o iBooks?

Al bar ci sono ancora poche persone, la luce scherza con la vetrata colorata. I quotidiani del giorno sono sul bancone ma i due non li guardano. Piuttosto appaiono concentrati su un oggettivo rettangolare, con uno schermo illuminato. 

Uno dei due alza lo sguardo, fissa l’altro con intensità.

– Che poi, alla fine quello che conta è il software

– Ma certo, sono d’accordo. Come potrebbe essere altrimenti?

– Ecco. Prendi per esempio la faccenda dei libri.

– I libri?

– Eh sì. Perché, anche se non è certo l’attrezzo ottimale, una cosa come un tablet si presta abbastanza bene ad essere usato come lettore di libri elettronici.

L’altro è perplesso, si vede.

– Forse.. forse sì. Ma tutta la faccenda della carta elettronica… che non stancherebbe la vista… come la mettiamo? Mi hanno spiegato al lavoro che per leggere il tablet non è la cosa più adatta…

– Certo, certo. Nessuno nega che la cosa migliore sia un lettore come il Kindle (o analoghi)  per quanto riguarda gli ebook. Anzi ti dirò che a me proprio il Kindle piace parecchio. Ma in mancanza…

-Signori i vostri cappuccini, prego

Il cameriere è gentile e sorride. E’ bello stare in un posto dove ti sorridono, pensa Marcello. E’ proprio un bel bar, questo, quasi lo vorrebbe dire a tutti, anche al cameriere. 

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  Photo Credit: MomentsForZen via Compfight cc

– Ok in mancanza? Prendi un tablet e leggi lo stesso, non è vero? Mi vuoi dire questo? – Sergio lo richiama all’argomento della loro conversazione.

– Esatto. Esatto. Ma vediamo un po’, come lo fai?

– Che vuol dire?

– Con che software lo leggi, questo benedetto libro? 

– Boh.. con il software per Kindle, per esempio?

Marcello prende un sorso di cappuccino. Guarda la luce giocare con la vetrata colorata dell’ingresso, e per un istante viene distolto dai pensieri. Cerca di recuperare il filo della conversazione.

– Il software per Kindle? Sì certo, quello c’è dappertutto. L’esperienza di lettura è analoga sui diversi dispositivi. Ma facciamo un’ipotesi un po’ più significativa. Immagina di avere un documento in epub e volerlo leggere sul tablet. 

– Sì ho infatti gli appunti di…

Marcello gli mette una mano sul braccio, come per interromperlo (in conseguenza di ciò, il cappuccino nella tazza compie una vistosa oscillazione ma senza inopportuni straripamenti).

– Ok benissimo. Ora, che fai con il Nexus 7? Lo carichi su Google Book, che è il lettore predefinito. Sull’iPad il documento si aprirà naturalmente dentro iBooks, che detto tra noi è un ottimo software. Ma…

– C’è un ma…? – fa Sergio, un po’ interdetto (ma sollevato perché il cappuccino non ha tracimato come temeva).

– Ecco, iBooks ragione in gran parte dentro il tuo tablet. Se carichi un libro dallìiPad, poi ecco, te ne vai in giro, sei in fila all’ufficio postale, e provi d’un tratto un desiderio…

– Quello di mandare tutti a quel paese, prendere a parolacce l’addetto allo sportello che è sempre imbranato… ed andarmene?

Anche. Ma non solo. Volendo rimanere in fila, ti piacerebbe continuare a leggere il tuo libro, magari con l’iPhone…

– Sì, questo sì…certo, volendo rimanere in fila…

Ecco, in iBook non lo trovi. Dovresti caricarlo separatamente per ogni device. Questo, essenzialmente, perché Apple è centrata sui dispositivi. Mentre Google Books ragiona in maniera diversa

– Cioè, come ragiona?

– Secondo il paradigma di Google, ovviamente.

– Già, stupido io a non pensarci. – fa Sergio, lievemente seccato perché ancora non ha capito.

Marcello lo guarda, capisce che non si è spiegato. Bene un bel sorso di cappuccino e si guarda intorno. Cominciano ad arrivare le persone al bar, una coppia parla fitto dall’altra parte del bancone. Un tipo distinto con gli occhiali e la barbetta legge il giornale sulla pagina sportiva. Una foto gigante di Totti occupa gran parte della pagina.

– Beh, semplice. Google ragiona in modo web-based. Tutto quello che carichi nelle applicazioni Google è di norma subito spedito nella nuvola. 

Dove lo spedisce…?

– Nella… in rete, se preferisci. Così se apri Google Books da qualsiasi dispositivo, trovi a disposizione tutti i libri che hai comprato o caricato da altri computer o dal tablet o dove vuoi tu. Scarichi in locale quello che vuoi e leggi.

– Carino…

Comodo, soprattutto.

– E con Apple?

– No, lì funziona solo per i libri comprati nello store di Apple. Gli altri che carichi, devi farlo separatamente per ogni dispositivo.

– Ma è più comodo Google Books allora – dice Sergio con una faccia come se si stesse finalmente compiendo un quadro interno coerente dentro la testa

– Direi di sì. Comunque questo non esaurisce la disamina e … mamma mia quanto è tardi, devo correre al lavoro!  – esclama Marcello

– Pago io i cappuccini, a patto che … – interviene Sergio.

– A patto che? – fa Marcello sulle spine: si vede che ha fretta.

– Che un’altra mattina di queste mi spieghi qualche altra cosa di questo Nexus, va bene? – sorride Sergio.

Marcello fa un cenno divertito, è già avviato verso la porta.

Apre e il sole si spande nell’ingresso. Il signore col giornale lo muove un po’ infastidito per evitare il riflesso. La luce gioca col faccione giulivo di Totti.  L’uomo ha messo un braccio intorno alla vita della donna e le parla piano, lei ha gli occhi lucidi ma ora sta sorridendo.

Sergio prende le cose e si muove verso la cassa. Guarda la porta a vetri e le ombre delle fronde degli alberi sul viale sembrano divertirsi di questo ancora incerto sole di primavera, creando un intarsio mobile di mille colori. Lo interpreta come un buon segno. Come il sorriso della donna. 

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Nexus 7, prime impressioni

Ce l’ho da qualche giorno appena. Forse il periodo sufficiente a ragionare sulle impressioni iniziali, ove si è superato il primo approccio ma non si è ancora completamente confidenti con l’uso e con le potenzialità del mezzo. Per chiarire, devo aggiungere che lo scrivente è un possessore di Ipad 2, che usa ancora quotidianamente con profitto (con qualche irritazione dovuta alla lentezza con la quale si caricano ormai talune applicazioni). Questo per far capire il mio termine di riferimento  -implicito quanto inevitabile – nel giudizio del nuovo tablet.

La prima cosa che mi ha colpito subito dopo l’unboxing è la dimensione. Ma è veramente piccolo! Poi il rapporto tra gli assi, stretto e lungo. Alquanto differente dalla geometria dell’iPad, al quale sono ormai abituato. 

Sicuro, le caratteristiche hardware sono buone. Poi, rispetto all’iPad 2, ormai datato, non c’è molta storia. Ma cosa ci si potrà fare con tablet… così piccolo? La domanda non riesco proprio a non pormela.

UnBoxing

Visto che gli istanti di unboxing vanno di moda… ecco il mio 🙂

Perché il Nexus 7? Intanto il prezzo è invitante. Sicuramente più economico di un iPad Air o un iPad mini, in ogni caso (non che quelli non mi facciano gola, intendiamoci). Poi, ecco… la curiosità. Il mio animo geek tanto trascurato che torna a farsi sentire. Da tanto sono ormai nel mondo Apple, eppure volevo vedere a che punto erano arrivati i tablet Android, dopo la mia esperienza sfortunatissima con il Toshiba Folio 100… E per l’esplorazione, niente di meglio di quello sponsorizzato direttamente da Google.Tanto vale, mi dico, andare direttamente nella tana del leone.

Per giunta, con Android 4.4 Kit Kat, il più recente.

Dunque ecco, le dimensioni (…contano? quanto contano? Il dilemma di sempre, in pratica). Primo piccolo motivo di perplessità. Nell’uso però…

…nell’uso però, devo dire, si inizia ad apprezzare un tablet così piccolo. L’altro giorno ho scoperto con piacere che entra bene nella tasca posteriore dei pantaloni, custodia compresa. Niente male (basta ricordarsi di non mettersi seduti senza estrarlo).

Il rapporto lunghezza/larghezza, come dicevo, è piuttosto inusuale, per me. Sarà comodo? Adesso inizio ad abituarmi, e mi sembra abbia qualche vantaggio. 

Per il resto? Accenno brevemente, rimandando a prossimi post gli approfondimenti del caso.

Qualcosa ho perso, con rammarico, e qualcosa ho (ri)trovato con piacere.

Prima quello che ho perso.

Ho perso del software a cui sono legato. DayOne per il diario, MomoNote, la possibilità di leggere le riviste Poesia e Tracce. Qui non si può, come ho detto altre volte, ci sono solo per iOS, in questo specifico momento evolutivo dell’universo. Pace.

Quello che ho (ri)trovato.

Ho ritrovato i widget. Ma che bello. Le applicazioni prendono aria, parlano con l’ambiente esterno. Finalmente! Posso mettere sul desktop informazioni di quello che accade dentro le varie app. Posso rendere il tablet interessante non appena si accende lo schermo (notizie, previsioni del tempo… perfino il programma del pomodoro ha un suo widget). Su iOS no, non se ne parla.

Una cosa nuova che ho trovato (in realtà è stata una buona molla all’acquisto) è la possibilità di creare utenti diversi, offerta dalla moderna versione di Android. Non è che garantisca sicurezza e privacy – mi pare non si possa proteggere l’account con password – ma è perfetto quando si condivide il tablet in famiglia, ad esempio, in modo che ognuno può gestire le applicazioni e collegarsi ai suoi account senza disturbare gli altri.

Per il momento mi fermo qui. Che dire? E’ dunque è un mix agrodolce di cose perse e cose ritrovate. E spesso le cose agrodolci sono le più interessanti…

 

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Benvenuto Kindle Paperwhite!

Lo so, magari a voi non interessa. Però qualche riga la butto giù lo stesso, per salutare l’arrivo del mio ultimo lettore di ebook, il nuovo Kindle Paperwhite, appena uscito. Allora, intanto va detto che nei termini di consegna sono stati rapidissimi.  L’avevo prenotato un po’ di tempo fa: sul sito c’era scritto che il modello nuovo (quello che ho preso io) non sarebbe stato distribuito prima dell’otto ottobre, e dunque mi sono rassegnato ad aspettare…
In ogni caso, già il giorno prima della data fatidica qualcosa si stava muovendo. Un prelievo di 129 Euro dalla mia carta di credito mi aveva insospettito (lo so, ci voleva poco…. comunque, non posso dire di essere un grande investigatore). Verificando sul sito ho avuto la desiderata conferma: il mio Kindle era passato “in spedizione”. Stamattina ho avuto la possibilità di averlo in mano, con qualche ora di anticipo rispetto a quanto avevo previsto. 
Una foto dello spacchettamento, ci voleva… 😉
Intanto, mi direte: perché il Kindle? Ora, da una parte potrei rispondere, perché mi sono trovato molto bene con il mio vecchio modello (fino a che non ha deciso di salutarmi…), poi per una questione abbastanza ovvia, a pensarci: non avevo scelta. Nel senso, avendo formato una consistente libreria nella cloud di Amazon, sarebbe stata una pazzia optare per una soluzione diversa.
Comunque probabilmente l’avrei preso lo stesso, questo Paperwhite da 129 Euro. Certo se non fosse uscito questo nuovo, mi sarei anche accontentato del modello base (l’ha preso mia figlia e mi sembra comunque molto valido). Spendere di più per un modello con il 3G mi sembra francamente un’assurdità: ormai tutti hanno dispositivi mobili che possono generare una piccola rete locale, cui agganciare il Kindle, all’occorrenza. 
Venendo dunque al Paperwhite, in sintesi la mia opinione è questa: le caratteristiche  sono decisamente interessanti, e il prezzo tutto sommato non è esorbitante. Poi io dentro l’ambiente di Amazon mi ci trovo molto bene, e ne apprezzo decisamente le caratteristiche (in passing, la sua “chiusura” – lamentata da taluni – non mi infastidisce troppo, a fronte dei vantaggi che mi fornisce).
Due parole per chi pensa che – avendo magari un tablet – non valga la pena anche acquistare un vero ereader. Ragazzi… non c’è confronto! Per i libri veri e propri, un lettore dedicato è veramente più comodo. A parte il fatto che la specifica modalità di lettura (non hai davanti uno schermo retroilluminato, ma qualcosa assimilabile ad una vera pagina stampata) stanca molto meno la vista, poi un lettore come il Kindle – o i suoi analoghi – ha dalla sua la portatilità, la leggerezza, l’autonomia della carica… veramente per i libri il tablet non è la soluzione appropriata. Me ne sono accorto bene in questo periodo di interregno in cui non avevo – appunto – che l’iPad per leggere i miei ebook.
Prendendolo in mano e giocandoci un po’, l’impressione è sicuramente positiva (i dettagli a seguire in un prossimo post). Peso, dimensioni, sensazione al tocco. Nitidezza dello schermo, luminosità. Molto interessante, bel prodotto. E poi, basta collegarsi al wireless e tutti i miei libri sono lì, pronti per essere scaricati. Benvenuto Paperwhite 😉

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Leggere in digitale…

Leggere in digitale ormai è possibile con una vasta serie di dispositivi. In linea di principio si può leggere un libro intero solo con uno smartphone (iPhone o Android che dir si voglia, o altro), anche se i più converranno con me sulla scomodità di leggere lunghi brani su un piccolo schermo (tuttavia mentre si è in fila alle Poste, sappiatelo, spesso l’applicazione Kindle è una ottima risorsa per non farsi venire il nervoso e non buttare il tempo). 
Leggere tramite il tablet ormai è abbastanza diffuso e leggo che anzi sta mettendo in crisi la stessa produzione di dispositivi basati sull’ e-ink, ovvero sull’inchiostro elettronico (o carta elettronica) che accompagna i classici lettori di ebook come il Kindle. In effetti le comodità di un dispositivo come un tablet sono innegabili. Schermo touch, flessibilità d’uso, versatilità. Se leggo un libro che parla di Parigi posso fermarmi un attimo e cercare Parigi su wikipedia, oppure posso seguire un link presente direttamente nel testo. Vi sono inoltre eccellenti testi multimediali pensati per specifiche piattaforme d’uso, come nel caso di Apple e dei suoi iBooks espressamente progettati per la fruizione su iPad. Senza contare il fatto che un tablet ha il vantaggio dei colori, dell’uso agevole anche senza luce ambientale, etc…
Reading
Vedremo ancora scene così? O avremo tutti in mano un… qualcosa di elettronico??

Tutti questi vantaggi però hanno un loro lato negativo. In realtà, ho scoperto recentemente, per la mia esperienza d’uso, che molti di questi vantaggi sono in realtà dei fastidi, almeno per la lettura di libri più “classici”, come i saggi o i romanzi. Quei libri che fino a ieri (e ad oggi, per molti) eravamo abituati a prendere in mano e sfogliarne le pagine, le pagine reali intendo (vedi ragazza nella foto). 
Ho scoperto che non poter leggere la posta elettronica mentre sono assorto in un libro non è una limitazione: è un vantaggio. Che il peso ridotto del Kindle rispetto all’iPad è un altro vantaggio. Che lo schermo possa rimanere sempre “acceso” senza intaccare significativamente la batteria è – diciamolo – un altro bel vantaggio. Se poso il dispositivo sul tavolo e lo riprendo dopo due minuti (la classica cosa da sistemare, o la telefonata…) proprio come un vero libro, rimane con la pagina “aperta” dove l’ho lasciato. Un tablet spegne subito lo schermo, preoccupato com’è del sapiente uso della sua energia. Già, il Kindle se lo può permettere, visto il consumo assai ridotto.
Così ho ricominciato a leggere sul mio Kindle (nel caso ve lo stiate domandando). Ho sostituito la lampadina a basso amperaggio sul comodino (che non infastidisce chi dormisse accanto, ma fa poca luce e diffusa) con una di quelle a led prese da Ikea (stavo per scrivere iKea, deformazione da mela morsicata e da i-devices…). Posso dirigere la luce su un punto specifico senza illuminare molto intorno E ho rispolverato il Kindle che era fermo nello scaffale. Buono buono tra i veri libri. Quelli sì, aperti sempre di meno.
E voi? Leggete in digitale? Quali sono le vostre abitudini di lettura?

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Leggere sull’iPad

Benché possegga un Kindle, sempre più spesso mi trovo ad usare l’iPad come lettore di ebook. Le ragioni sono molteplici, e vanno dalla comodità di avere per le mani un solo strumento che fa tutto (gestire la posta elettronica, scorrere le news, consultare un sito quando serve), al fatto che è una device che non necessita di luce esterna (in pratica, posso leggere di notte senza disturbare nessuno). Ovviamente, niente batte un vero lettore di ebook come possibilità di leggere senza stancare la vista, e come visibilità in luce piena. Su questo siamo d’accordo. Ma per un uso domestico (in interni) mi pare che un tablet se la cavi abbastanza bene.
ipad
Va bene un iPad per lunghe letture? Voi che ne dite?
Dite la vostra lasciando un commento!

A differenza del Kindle, sull’iPad mi trovo a poter scegliere tra vari fornitori, per i contenuti digitali da leggere. C’è ovviamente l’applicazione iBook con il suo store. Accanto a questa vi sono diverse altre applicazioni che possono egregiamente affiancare o sostituire il software di Apple. Quale scegliere è come spesso capita, più questione di gusti che di superiorità tecnica. 
iBook è un software splendido, devo dire. E’ fatto veramente bene: permette di scaricare libri acquistandoli dallo store di Apple, ovviamente, ma consente anche di inserire libri prelevati altrove, purché in formato epub non protetto (o con social DRM), oppure in PDF, sempre non protetto. La visione della libreria è molto curata e graficamente appagante. Inoltre permette una agevole divisione in varie sezioni. L’acquisto di libri consente di scaricare gratuitamente una anteprima del volume, per decidere di un possibile acquisto dopo aver letto le prime pagine. 
Altri vantaggi sono, un sistema di annotazione molto comodo e curato (con possibilità di evidenziare passaggi in vari colori e aggiungere note), l’esportazione delle note via email, la possibilità di gestire libri “speciali” con caratteristiche multimediali aggiuntive (libri d’arte con zoom sulle figure, ad esempio, ma non solo). Un’altra cosa che apprezzo molto è il fatto che quando si acquista un volume questo si sostituisce automaticamente all’anteprima acquistata (cosa che con Amazon non avviene).
Lo svantaggio principale è che è un sistema decisamente blindato. Io che non ho un iPhone (o non ancora…), se voglio rileggere un brano di un libro, non posso farlo via web o neanche via computer (nemmeno quelli con la meletta, per capirci), ma devo aspettare di tornare a casa e riprendere in mano l’iPad. A volte è seccante.
Kindle su questo punto è esattamente l’opposto. L’ubiquità è forse la sua dote principale. Esiste un’applicazione Kindle per quasi ogni cosa che abbia uno schermo (purtroppo linux rappresenta una notevole eccezione, in questo): gli ebook acquistati su Amazon li posso leggere sul Kindle vero e proprio, sul computer, sugli smartphone (Android e iOS), sui portatili… ovunque. Esiste perfino una web app che gira in un browser. E ogni volta – se sono in rete – il sistema aggiorna la mia posizione all’interno del libro. Inoltre posso inviare sui social network i passi rilevanti di un libro e le mie annotazioni in merito. 
Per chi legge molto, vi sono piccoli ma non trascurabili svantaggi. Le annotazioni su iBook sono più facili ed eleganti, qui vi è un solo colore per evidenziare. L’acquisto di un volume avviene separatamente dal campione gratuito, per cui si perdono anche le eventuali annotazioni già apportate sul primo. L’interfaccia grafica è certo curata ma non quanto quella di iBook (l’unica in cui mi sono imbattuto capace di simulare un libro vero e proprio, inclusa l’ombreggiatura che simula efficacemente la curvatura delle pagine verso il centro). Inoltre utilizzando entrambi gli store, mi sono accorto che molti libri, soprattutto quelli pubblicati non troppo di recente, se scaricati su Amazon non hanno un indice cliccabile che porti direttamente ai vari capitoli, mentre l’analogo su iBook mi pare ne sia sempre dotato. Per certi libri, è una comodità notevole.
Rimane il fatto che entrambi i sistemi sono chiusi nel loro splendido universo (più vasto quello di Amazon, più stretto quello Apple): non posso esportare un libro e leggerlo su una applicazione che piace a me.  Inoltre sono vincolato per l’acquisto ai rispettivi store. 
Il caso degli epub (protetti con DRM o non protetti) è già diverso, in questo. Hanno circolazione sicuramente più ampia, e non sono limitati ad uno specifico software di lettura, o device. Stay tuned, ne parleremo in un prossimo post!

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Linux a casa? Forse è il caso…

Ho passato anni a provare diverse distribuzioni linux, con grande piacere (e con notevoli frustrazioni, anche). Ultimamente però ho perso decisamente interesse nell’esplorazione dello smisuratamente (ed eccessivamente) vasto parco dei vari sapori di linux. Un po’ perché probabilmente crescendo gli interessi cambiano e si modificano, un po’ però penso sia legato ad un fatto oggettivo… 
Vedo infatti l’universo delle diverse distro sempre più come chiuso nella sua cerchia di appassionati e un tantino autoreferenziale rispetto al mondo ‘reale’ della tecnologia, in particolare alle sue più recenti evoluzioni. Non scorgo – tranne una eccezione – un disegno di largo respiro che abbracci in maniera strategica e pianificata l’evolversi dell’approccio all’informatica e l’arrivo di sempre nuovi modi di fruirla. Piaccia o non piaccia, non trovo nel mondo linux un analogo all’approccio di Apple, o di Microsoft, non riscontro l’attenzione sistematica e strategica verso i nuovi (e non tanto nuovi ormai) indirizzi tecnologici e sociali. Come la sempre maggiore fruizione di internet in mobilità, tanto per fare un esempio.
Certo non si può pretendere da un team di appassionati – anche molto competenti e motivati – una visione aziendale a lungo termine. Ma il tempo di sistemi operativi mantenuti da appassionati, per quanto appaia romantico, si può considerare a mio avviso bello che tramontato (certo, le nicchie rimangono e rimarranno sempre, ma numericamente sono assai poco incidenti).
L’eccezione, si sarà capito, è Ubuntu/Canonical. Ubuntu mi piace, perché è guidata con una strategia, fa scelte anche coraggiose, come lo scarto dal’ambiente desktop Gnome, per l’adozione della nuova interfaccia Unity. Ha una visione, un piano a lungo termine, che tiene conto dell’evoluzione della tecnologia e delle abitudini d’uso (ecco, così mi rimangio un poco quello che ho detto in un post di qualche tempo fa). 
Ubuntu 10.10
Ubuntu è a buon diritto tra le più interessanti distribuzioni linux.. 

Come riporta un articolo su techrepublic.com, la prossima versione di Ubuntu si presenta con tre importanti novità:
  • Ubuntu su Android
  • Ubuntu TV
  • Ubuntu su tablet
Concentrandosi solo sull’ultima voce dell’elenco (non che le altre non siano importanti), vedo con molto favore l’arrivo di Ubuntu sui tablet. Potrebbe contribuire a movimentare un po’ il mercato. E’ notevole anche un progetto che abbracci la ampia varietà di devices, dal desktop ai dispositivi mobili. Tuttavia vedo anche, realisticamente, parecchie difficoltà, che dovranno essere superate perché diventi veramente uno strumento di massa.
Una, forse la principale, è il software. Andare su tablet vuol dire, necessariamente, confrontarsi con l’iPad di Apple. Ebbene, le applicazioni per iOS hanno raggiunto un livello tale di sofisticazione, che spesso – dobbiamo dirlo – non sono eguagliate dalle applicazioni anche desktop dell’attuale – pur vastissimo – parco di Ubuntu. Questo deve cambiare, o la gente snobberà il tablet con Ubuntu come ha snobbato i primi netbook con linux (una classica rivoluzione rientrata….). 
Microsoft (con Windows 8 e l’interfaccia Metro) e Apple (che va a grandi passi verso la piena convergenza tra OS X e iOS), hanno strategie ben definite nella definizione di un ecosistema che abbracci ogni tipo di approccio alla tecnologia (computer, tablet, smartphone). Se Canonical vuole essere della partita, deve essere davvero competitiva. Sono finiti i tempi di  “linux è meglio perché non ha virus, perché è libero etc…”
Il mercato è pragmatico: la partita non si giocherà sugli ideali, ma sulla qualità e la quantità di applicazioni. 

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