Debian, l’italiano e l’intelligenza (artificiale)

Premetto che non sto per scrivere niente di esagerato sull’intelligenza artificiale, o almeno lo spero. Sono totalmente con Faggin quando avverte che c’è in essa, ben poco di “intelligente”. Sono marchingegni ben studiati, che possono indubbiamente essere utili (e di questo parlerò) ma niente di più (ed è già tantissimo).

E comunque – per una persona come me che ha visto Internet nascere (e arrivare negli istituti di ricerca prima ancora che la gente sapesse che c’era questa grossa cosa nuova), anzi che ha trascorso su questo pianeta molti anni prima che Internet vedesse la luce – osservare queste ultime evoluzioni è qualcosa che colpisce. Veramente stiamo entrando in un’altra epoca. E questo, non tanto perché abbiamo creato qualcosa dotato di una intelligenza propria, perché non assolutamente così (ancora, ascoltare Faggin per convincersi o leggersi il suo libro, Irriducibile). Quanto piuttosto, per la indubbia comodità di un nuovo strumento che diverrà – ci scommetto – sempre più parte della vita quotidiana. Fino ad apparirci indispensabile, se per alcuni non lo è già.

Tutto comincia con la posta (come sovente accade)

Collettivamente, siamo in un periodo di riflessione profonda sui vantaggi e sui problemi dell’intelligenza artificiale. E non potrebbe essere che così, in questa fase. Tra un poco la useremo e basta, dimenticandoci allegramente di tutto il contesto filosofico che ora è invece in primo piano. D’altronde accade sempre così, è successo con i lettori walkman1, con i primi videogiochi, con i telefoni cellulari, con la televisione a colori, praticamente con tutto.

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Come ti proietto nel futuro

Proseguo idealmente, in questo post, il discorso già avviato con il post precedente, ove si parlava bonariamente delle bufale espresse da taluni pronunciamenti dell’intelligenza artificiale.

Va chiarito in questa sede che l’intento non è appena far vedere che vi sia un certo grado di inaffidabilità in quanto viene fuori da questi moderni oracoli, anche se questo è già importante, se mette nella nostra testa una nota di prudenza. L’intento è mostrare come siamo di fronte ad un prodotto mirabolante, terribilmente utile ed interessante, ma che è in fase di crescita e richiede dunque molta accortezza, nell’uso.

In pratica, tutto potrebbe essere riassunto in un motto, quando usi l’intelligenza artificiale non spegnere quella naturale, che alla fine dice già tutto.

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Nuovi orizzonti e vecchie bufale

Anche l’intelligenza artificiale ha un suo ventaglio di opinioni, evidentemente. Voglio dire che come per le persone, anche per i vari motori di IA, alla fine dipende un po’ a chi chiedi.

Il fatto è questo. Stavo concludendo la stesura degli atti del convegno per la Pace di Teramo, e come accade normalmente in questi casi ho cercato della documentazione aggiuntiva come sostegno di una tesi che stavo sostenendo nell’esposizione.

Invece di rivolgermi direttamente a Google (o ad Ecosia magari), come avrei fatto un tempo, mi è balzato in mente di domandare ai motori di intelligenza artificiale. La questione spicciola era scoprire se sono previste missioni verso Plutone, dopo il successo della New Horizons e le stupende foto di Plutone e di Caronte (la più grande delle sue lune) che ci ha consegnato. Volevo capire, segnatamente, se la documentazione su questa remota zona del Sistema Solare sarebbe rimasta “congelata” per diversi anni – come sospetto e sostengo nel contributo che sto preparando – oppure c’è già qualche documentata strategia di “ritorno a Plutone”. Ammetto di non avere informazioni in questo senso. Niente di meglio che chiedere, in questi casi.

La sonda New Horizons (NASA)

Ho un paio di amici ai quali rivolgermi: uno è il superfamoso chatGPT, l’altro è Bard (l’ultimo arrivato, ma sostenuto nientemeno che da Google). Chiediamo dunque agli amici, e vediamo un po’ cosa viene fuori.

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La missione (quasi) impossibile

Domenica pomeriggio ho visto Mission: Impossible – Dead Reckoning – Parte uno. Mi sono divertito, ho ammirato la costruzione di un’opera complicatissima, ho goduto in particolare delle scene girate in Italia (Roma e Venezia, con una fotografia splendida). E in due ore e tre quarti circa in un susseguirsi mozzafiato di scene di azione (mirabolanti), ho anche riflettuto.

Sì, perché questo film è spettacolarmente attuale. Attualissima è la percezione acuta di come l’intelligenza artificiale sia la vera cosa che genera ammirazione ed inquietudine, in pari misura. Sorprendente che la sceneggiatura sia stata scritta ormai anni fa, perché – almeno per l’Italia – è una fotografia esatta di un dibattito che sta avvenendo nel momento presente.

Mi viene da pensare all’incontro tra Federico Faggin e Marco Guzzi, nel quale molto si è ragionato sull’intelligenza artificiale (con dei punti di vista che a mio avviso rimarranno come riferimenti fermi in un dibattito che fermenta ogni giorno di più).

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Una mattinata memorabile

Davvero è stata una mattinata memorabile, una splendida occasione, per me, di imparare e di crescere. Una occasione anche, di rapporto (si cresce nei rapporti, mi dico). Che ci faccio io qui? Proprio io?

Si era capito subito. Fin dalle prime investigazioni, dai primi contatti, si era capito. Da quando si era generata l’idea, si era intravista una possibilità di realizzazione. Era stato un percorso lungo e da fare con pazienza. Sondare la disponibilità di Marco Guzzi (filososo, poeta, saggista, ideatore dei gruppi Darsi Pace), iniziare ad esplorare strade per contattare Federico Faggin (fisico, inventore del microprocessore, imprenditore di successo, sostenitore di una nuova teoria della coscienza).

Dobbiamo temere l’intelligenza artificiale? O solo imparare ad usarla bene? Di questo anche, si è parlato…

Il tempo diventava sempre più propizio. L’intelligenza artificiale diventava oggetto di dialogo quotidiano, arrivava sui giornali e in televisione. Tra lodi sperticate e demonizzazioni impaurite, come recuperare un punto di vista ragionevole e fondato? L’occasione di dialogare con Guzzi e Faggin su questo era troppo ghiotta. Era anzi necessaria, da un certo punto di vista. 

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Questa povera macchina

Hai ragione, Marco. C’è ben poco da temere dall’intelligenza artificiale, almeno per il momento. Leggendoti, mi sorprendo di come non temiamo i veri pericoli, mentre intanto ce ne inventiamo continuamente di fittizi. La nostra intelligenza ha provocato devastazioni immense, nel secolo appena passato (è intelligenza progettare campi di sterminio e bombe atomiche, è intelligenza sviluppare gulag, lager e tutto il resto, magari con criteri di “efficienza”). E già come abbiamo iniziato questo nuovo secolo, non è poi da stare troppo allegri.

Ma allora come mai invece di curare l’uso della nostra intelligenza – ovvero di curarci noi stessi, educarci a bilanciare ragione calcolante e cuore, logica ed affettività, dubitando di ogni ideologismo e di ogni disincarnazione, di ogni astrazione dai nostri corpi doloranti e imploranti aiuto – perché rimandiamo colpevolmente il cammino per la nostra maturazione, sempre più urgente e necessario, inventando ad arte pericoli che (se pur esistono) sono di scala infinitamente minore? Sarebbe da domandare a Chat GPT, a questa povera macchina, se soltanto potesse dircelo.

Il fatto è che lei non ha proprio idea. E cosa ben più grave, spesso non ne abbiamo idea neanche noi.

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