Vivaldi e le aree di lavoro

Segnalo con piacere l’arrivo della versione 6.0 del browser Vivaldi, con diverse interessanti novità.

La cosa più intrigante per me è l’introduzione delle aree di lavoro, che permettono di separare gruppi di linguette in modo molto comodo ed efficace, dividendo ad esempio le pagine aperte per lavoro, per svago o semplicemente le pagine che si vuole esaminare in un secondo tempo.

Il browser Vivaldi alla versione 6.0 con le “aree di lavoro”

Vivaldi si conferma come un browser particolarmente flessibile, costruito sullo stesso “motore” di Chrome ma estremamente più versatile. Veramente non vedo (più) motivo per non passare a Vivaldi, se si usa il browser di Google.

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Perché usare Vivaldi?

Stavamo cercando di sistemare una cosa, non ricordo bene. Roba di siti Internet, comunque. Ad un certo punto la collega mi fa qualcosa tipo apri Chrome, vediamo… e io dico no, non ho Chrome, io uso Vivaldi al che lei, di rimando ah beh ma allora!

Come dire, allora te le vai a cercare! E qui vorrei in realtà eccepire. Perché l’esclamazione della collega è frutto di disinformazione, in larga parte. Se lei intendeva che quel determinato sito si deve vedere con Chrome e non con un browser che lei non conosce, probabilmente si sta sbagliando. Chrome e Vivaldi sono costruiti attorno allo stesso nucleo, che, come sappiamo, è Chromium. Dunque, il rendering dei vari siti non presenta sostanziali differenze. Ciò che si vede bene con Chrome si vede bene con Vivaldi. E viceversa.

Possiamo fare una differenza, anche scegliendo come andare in rete… 

Quello che c’è da dire è che Vivaldi ha un sacco di cose in più che Chrome non ha. Veramente molte. Inoltre, utilizzandolo, ci si prende una pausa dai giganti del Big Tech, e si evita di consegnare a Google tutta la propria cronologia (già gli consegno la mia posta, i miei spostamenti, insomma di roba mia ne hanno abbastanza direi).

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Una storia interessante

Mi fermo ancora a parlare un po’ di Vivaldi, perché lo trovo straordinario anche in certi dettagli, qualcosa su cui non si indugia spesso. Per esempio, una cosa veramente intrigante, per me, è osservare come Vivaldi presenta la cronologia di navigazione.

Prima di tutto, la cronologia a cui si accede, se si sono sincronizzati i vari dispositivi attraverso i server di Vivaldi, non è appena quella del computer su cui si sta lavorando, ma quella complessiva. Per dire, io ieri ero in lavoro agile e oggi anche in ufficio ritrovo l’elenco dei siti visitati da casa. Indubbiamente utile, portare la propria storia di navigazione sempre con sé.

Nello specifico, un modo molto veloce di accedere alla cronologia è quello di cliccare sul pulsante nella barra laterale sinistra, in modo da far comparire una barra verticale con l’elenco dei siti visitati. L’elenco stesso si può ordinare per data, per numero di visite ad un sito, per titolo od ancora per indirizzo. Indubbiamente comodo, non c’è che dire. Ogni scelta supporta l’ordinamento in senso crescente o decrescente.

Ma dove Vivaldi veramente brilla è quando con CTRL-Y si accede alla pagina completa della cronologia. Beh qui Vivaldi davvero non ha rivali. Provate ad accedere alla cronologia con Chrome, con Brave, con Edge o financo con Safari. Ma veramente non c’è confronto, per le informazioni riportare e per la presentazione stessa.

Il modo di consultare i dati di cronologia in Vivaldi è sorprendente. Vi sono varie viste, Lista, Giorno, Settimana e Mese. Questa che vedete qui sotto è la vista Mese. Sulla sinistra una specie di calendario, con colori diversi a seconda del numero di siti visitati. Al centro un piccolo riassunto delle attività giorno per giorno, più a destra la lista che si può scorrere, nonché altre informazioni sull’attività complessiva di navigazione.

La cronologia in Brave

In effetti, diciamocelo: anche nella storia personale, è importante non solo cosa è specificamente accaduto, ma anche – o forse di più – come si guarda a ciò che è accaduto. Questa piccola dimostrazione forse è importante per qualcosa che trascende il semplice browser, per la constatazione che la propria storia può acquistare un fascino del tutto nuovo, se ci permettiamo di vederla in un modo rispettoso del dato, e anche gentile, elegante.

La cronologia in Safari

Insomma, una storia interessante, in fondo, non la si sperimenta appena: la si costruisce, mettendo insieme i dati in modo creativo e bello.

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Le schede? Si chiudono da sole

Questo è quanto accade nella nuova versione del browser Vivaldi per Android. Veramente un bel browser, ora ancora migliore. Nella nuova versione si può impostare un periodo dopo il quale automaticamente si chiudono le schede rimaste aperte, liberando memoria a tutto vantaggio delle prestazioni del dispositivo.

Vivaldi sembra uno dei pochi a credere seriamente nello sviluppo di un browser per dispositivi Android, che non sia semplicemente una “copia in piccolo” del browser per computer. Mi piace proprio per questo, perché ci credono.

La faccenda delle schede che si “autochiudono” dopo un po’ di tempo è una piccola genialata per evitare gli affollamenti di schede rimaste aperte che contraddistingono Chrome su cellulare dopo un po’ di tempo che uno continua ad usarlo (ogni link che clicchi da WhatsApp o altrove ti apre l’ennesima scheda, tu lo guardi poi vai a fare altro e ovviamente ti dimentichi di chiuderlo).

Vivaldi è un ottimo browser intorno a cui si è sviluppata una comunità piuttosto attiva. Lodevole l’impegno del team, appunto, che non si concentra sul creare un software ma appunto nello sviluppare un ambiente vivo intorno, in cui il senso di comunità appare un fattore niente affatto secondario.

Ha tutti i vantaggi del classico (e google-centrico) Chrome in termini di universalità di approccio (nessun sito si può ormai permettere di non essere benvisto da Chrome) e di ampiezza del parco di estensioni installabili. Si può avere tutto questo, senza spedire i propri dati di navigazione a Google (o a chiunque altro). Di più, ha una serie di caratteristiche formidabili alle quali, in tempi recenti, si è aggiunto un completo client email, un lettore di feed, un calendario e un task manager.

Ciliegina sulla torta, arriva out of the box con la possibilità di abilitare il blocco dei traccianti oppure anche quello delle inserzioni, con impostazioni predefinite che si possono rifinire sito per sito.

Esiste per Windows, MacOS ed Android. L’unica pecca è che non c’è per iOS, almeno per ora.

Ah, e ha un parco di temi formidabili.

Decisamente, sono tempi in cui diversificarsi può far bene. Ampliare i soggetti attivi su Internet e difendere le diversità, è quanto mai importante. Anche piccoli gesti come provare un nuovo browser, possono aiutarci a sentirci veri protagonisti in questo mare magnum informatico, e non semplici consumatori.

Si tratta, come sempre, di non seguire passivamente il flusso. Ma di decidere.

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Vivaldi, si ripete

Sì Vivaldi, ma non Antonio, il celebre musicista. Quello che con entusiasmo oserei dire dadaista Franco Battiato citò nel celebre verso nel quale gli preferiva l’uva passa. No, questa volta intendo appena parlare del browser. Quel programmino che usiamo per navigare su Internet, ovvero quel programmino interagendo con il quale passiamo ormai anche diverse ore della giornata. Quella finestra sul mondo, ora potremmo dire sull’Universo. Quella che ci consente di osservare i panorami di Marte, o vederci da lontanissimo. Quella che stai guardando ora, insomma. Un tempo si chiamava Mosaic, ed era cosa sconosciuta ai più. Ah, quanto tempo. Cioè, pochi anni che sembrano moltissimi. Del resto, si sa che il tempo è relativo, la fisica stessa ce lo dice.

Il browser Vivaldi, con il tema Library di Wellingtonkling

Ormai di tempo (qualsiasi cosa sia davvero) ne è passato un po’ da quando ho parlato di Vivaldi. Tempo passato, in parte, per esplorare meglio anche altri blasonati concorrenti. Sono infatti reduce da un periodo di utilizzo – anche entusiastico, in certi momenti – di Brave, un altro browser basato su Chrome con alcune interessanti caratteristiche: prima di tutte, quella di rimborsare gli utenti per il tempo speso sui diversi siti, con una criptovaluta apposita, il Basic Attention Token (BAT). Di più, provando a sostituire le pubblicità del web con un proprio circuito di promozioni, con delle garanzie specifiche di non tracciabilità e privacy. Ma questa faccenda (che ha pregi e difetti) potrebbe senz’altro essere argomento di un altro post.

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Il mio nuovo browser è Vivaldi

Verrebbe da dire, facendo il verso ad una nota pubblicità, il mio browser è differente e in effetti in un certo senso può essere vero, in questo caso.
 
Almeno la sensazione di salutare diversità un po’ la sento, adesso. Insomma, dopo anni ed anni di permanenza in Chrome, che è stata la mia “normale” finestra sul web per la gran parte delle circostanze, ora questo scossone si sente, e si sente con piacere. Diciamo che ogni tanto le acque vanno smosse, in molti campi, e magari mutare software di navigazione Internet può anche – al di là di vantaggi e svantaggi del software medesimo – aiutarci a ricordare che non c’è un solo modo di vedere le cose. Insomma parliamo dell’uomo prima ancora che delle macchine, e questo in sintonia precisa con gli intenti di questo blog.
 
Vivaldi è il browser che da qualche giorno ha rimpiazzato Chrome sui miei molteplici schermi, sia di computer che di tablet e di telefonino (solo il mio nuovo iPad settima generazione è rimasto olimpicamente indifferente a questa onda nuova, a motivo dell’assenza di Vivaldi nello store di Apple).
 
Come Chrome, con qualcosa in più…
 
Certo, diranno subito i miei piccoli lettori, comunque non è tutta questa novità, è un browser basato sullo stesso motore di gran parte degli altri browser più diffusi, ovvero Chromium. Lo stesso di Chrome, ovviamente, ma anche di Edge, di Opera, di Brave e svariati altri.
 
 

Vero, rispondo io. Tuttavia sulla base di questo motore è stato sviluppato uno strato successivo che mi pare piuttosto interessante, e che si traduce in una diversa e più ricca esperienza d’uso. Con diverse possibilità in più, tra l’altro.
 
La filosofia è un po’ diversa da quella di Chrome, che è essenzialmente assai scarno di possibilità native oltre la mera navigazione web (e certo le cose essenziali come segnalibri e cronologia), per le quali si appoggia ad un ricchissimo ecosistema di estensioni di terze parti. Per Vivaldi invece il motto è perché se è utile, dovrebbe essere integrato, frase che infatti campeggia sulla pagina Strumenti nel sito del browser stesso.
 
Certo c’è del positivo nell’incorporare di base alcune funzionalità. Ad esempio la coerenza del codice, dovrebbe essere superiore. Alla fine un tipico Chrome con diverse estensioni è un assemblaggio eterogeneo di codice di diverse parti, fatto con diverso stile, che dovrebbero funzionare bene insieme, certo, ma comunque rimane eterogeneo. Non vi è certezza poi che una estensione non impatti in maniera esagerata sulle risorse di sistema (ed infatti, talvolta avviene). Invece avere delle funzionalità nel core del programma, dovrebbe garantire una coerenza maggiore (ovviamente, il condizionale è obbligatorio). Inoltre, devo dire, è piacevole imbattersi in un software coraggioso, che fa delle sue scelte, che cerca di caratterizzarsi.
 
Un esempio su tutti? Mi piace molto la recente introduzione delle note in markdown, con possibilità rapida di arricchire il testo con degli screenshot del sito web che si sta visitando: per la verità, sono approdato a provare Vivaldi proprio per questa cosa delle note (per uno che scrive è sempre qualcosa di interessante).
 
Ho saggiato l’utilità di questo proprio nei tempi del lockdown, dove l’attività di lavoro ovviamente si era spostata massicciamente sul web, e per me e per i miei colleghi questo vuol dire, inclusi i seminari scientifici. Ebbene, con Vivaldi, prendere note durante un seminario e accludere “al volo” una schermata della slide che stava presentando il relatore, si è dimostrata cosa assai semplice e veloce. Certo si può aprire un programma apposito per le note, e poi allegare schermate del browser prese a momenti opportuni, ma è una procedura più lunga: mentre usando le note in Vivaldi, è appena un click.
 
La funzione “note” è perfetta per seguire un meeting online… 
 
Vivaldi ha anche – assai apprezzabilmente – Ecosia tra i suoi motori di ricerca (in ogni caso, si può facilmente aggiungere anche su altri browser). Parlare di Ecosia certamente richiederebbe un post specifico, ma intanto si può consultare il loro sito anche per iniziare ad avere un’idea dei modelli di social business e sul fatto, soprattutto, che vi è un modo diverso di fare azienda rispetto alle multinazionali che ben conosciamo, e che può essere un segnale incoraggiante, può valere la pena (soprattutto quando ci costa così poco) modulare il nostro comportamento per favorire alcune realtà di impresa sociale, più gentili ed accorte verso il nostro pianeta.
 
Certo non tutto quello che è gratis è da prendere senza vagliare, su questo vale il piccolo incidente di Brave (peraltro ottimo software). Quello che ci interessa, infatti, non è (solo) pagare poco, o pagare di meno, ma incentivare modelli di sviluppo che siano veramente alternativi alla logica neoliberista ora imperante. Questo per aprire prospettive nuove, per ritornare ad un respiro nuovo. Dalla tecnica, all’umano, in movimento continuo, ed ostinato. Anche un piccolo gesto può servire, almeno dal punto di vista psicologico: può aiutare a capire che, a differenza di quanto spesso si dice e si pensa, c’è sempre una alternativa, e questa alternativa chiede prima di tutto di essere vista, di essere percorsa, di essere curata e nutrita.
 
Ed allora, anche la scelta di un browser, o un motore di ricerca, può essere un segno, un inizio di un percorso nuovo, più vivo e più armonico (visto che il progetto prende il nome di un musicista, per di più italiano).
 
E più divertente, anche.

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Chrome festeggia dieci anni (e c’è spazio per gli ospiti)

Quando arrivò il browser Chrome, ricordo, ebbi la sensazione come di una cattiva mossa: mi chiedevo come mai Google avesse deciso di investire in un browser quando ce ne erano già di ottimi in circolazione, a partire da Firefox. Ora Chrome compie dieci anni e in dieci anni il web è cambiato moltissimo, sono successe tante cose. 
Ed io sto scrivendo questo post dentro Chrome. 



Scegliere un browser è poi una cosa abbastanza personale, dunque non si possono dare regole o indicazioni di validità generale. E’ questione di gusti, dopotutto. 
A parte qualche cosa, qualche cosa infatti si può dire. La piattaforma, per esempio. Mi piacciono quei browser che si trovano per tutte le piattaforme, quello sì. Firefox, Chrome vanno bene, Safari un po’ meno, Edge come Safari. Anche se Edge ha già messo il naso fuori da Windows, ancora non lo trovo per macOS, per esempio. Ho bisogno di usare la stessa cosa in ambienti diversi, mi aiuta a farmi sentire a casa. Continua la mia storia, la storia che viene tracciata dai siti che visito, con i quali interagisco, dove sono già autenticato. Momenti informatici che lasciano una scia nelle mia giornata. Quando apro il browser devo essere riconosciuto, non avvertire un ambiente freddo, asettico, ma un ambiente che mi conosce, che è sagomato, ormai, intorno alle mie abitudini.

E’ una cosa psicologica, se volete. Ma fa la differenza, più di tanti fattori tecnici, più della esasperante corsa alla velocità di caricamento dei siti o della performance dell’ultimo motore Javascript. E’ l’uomo, più che la tecnica, insomma.  

Chrome, nella nuova incarnazione, mi sembra particolarmente elegante, bello da vedere. Firefox ha tantissimi pregi, ma non riesco a farmi piacere l’interfaccia. Alla fine questo è meno secondario di quanto si pensi. 
Chrome, come si diceva, mi offre la sincronizzazione della mia vita online attraverso tutti i vari dispositivi, a patto di essersi fatti riconoscere dal sistema. Accetto volentieri, perché ne comprendo la necessità. Potrei farlo con Firefox, ma dovrei attivare un meccanismo di sincronizzazione ulteriore, mentre in Google sono praticamente sempre loggato, dunque non mi costa nulla di più. 
Chrome ha poi questa cosa comodissima dell’essere intrinsecamente multiutente, puoi aprire varie istanze nello stesso momento, e vedi come si vede il mondo da punti diversi dell’universo Google (utenti diversi) oppure da ospite. Di grande ausilio quando magari si scrive per un blog e si ha voglia di vedere rapidamente come appare l’universo se non sei connesso a questo o quel servizio. Tipo, un ospite piò commentare? Questo materiale appare a tutti o solo a chi è autenticato? Niente di più facile che lanciare una finestra ospite su Chrome e verificare di persona.
Da che punto guardi il mondo tutto dipende, diceva una canzone di qualche tempo fa. E’ bello abituarsi a comprendere come si può vedere il mondo da angoli diversi, e come non appare mai lo stesso. E’ bello ed educativo, dunque, anche rendersi familiari con questa varietà informatica.
Soprattutto in tempi di omologazione, di parole d’ordine e di chiusure di confini (mentali, materiali),  di diffidenza programmatica, di linguaggio ristretto e urticante, ritengo che mantenere invece un approccio aperto e multiutente (perché non esisto solo io) sia ben più che una strategia virtuosa (più o meno vincente sotto l’aspetto commerciale), ma sia veramente un passo necessario. 

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Tu conti, come persona

L’abbiamo detto tante volte, ormai la connessione globale, continua, è la norma, per tutti. 
L’eccezione è quando non si dispone di accesso alla rete, semmai. E’ un caso che è sempre più improbabile, sempre meno gestibile (ovvero accettabile, per il senso comune), via via che il tempo passa. Non vi annoierò raccontandovi di come era prima, prima che ci fosse Internet, e poi delle connessioni a consumo, quando si stava collegati appena pochi minuti e il contatore girava, e tutte queste cose qui.
No, oggi vado a vedere come reagiamo, come reagiscono i nostri strumenti di elezione – i browser – quando si trovano di fronte l’imbarazzante ed improbabile evento di non avere connessione alla Grande Rete Universale. 

Non è una indagine con velleità di completezza. Nemmeno, che voglia dimostrare qualcosa. Giusto una curiosità, tanto per vedere. 
Ecco come reagisce Chrome, ad esempio, se si è improvvidamente fuori rete. 

Il tono è parecchio sobrio, ti informa che niente, non puoi navigare. Vedi un po’ tu, allora, di risolvere la questione, perché così è francamente intollerabile: il dinosauro lì mostrato, unico accenno ad un approccio un po’ ilare del problema, ti fa capire che sì, ecco, giusto i dinosauri, loro non avevano Internet, e non c’è nessuna necessità ed utilità di stare senza rete. Tra l’altro, senza rete Google ci perde, perché non passa la pubblicità, insieme ai siti. E’ il caso, dunque, di rimanere all’epoca dei dinosauri? Dài, spicciati a risolvere il problema. Ritorna online, ritorna fruitore. Non ci far spazientire.
Vediamo ora come reagisce Firefox
Anche esso molto sobrio, anzi di più: non compare nemmeno un dinosauro (per dire). Ma alcune informazioni ti aiutano a capire se è un errore umano oppure di qualche altro tipo. Sembra sotto sotto, comunque, che ci sia un po’ di speranza, un po’ più di speranza rispetto alla desolazione di Chrome offline, tutto sommato (secondo me Chrome soffre ad essere offline). Cioè, il problema esiste, siamo d’accordo, ma forse si può ancora fare qualcosa. Già Impossibile contattare il server, fateci caso, è meno disperatamente drastico di Connessione Internet assente. 
Le parole non sono a caso; le parole sono importanti. 

Per me la cosa più bella però è la reazione di Edge, il nuovo browser di casa Microsoft. 
Diciamolo: è l’unico che cerca di rianimarti un poco. Intanto ti fa capire che tu esisti. Che non sei un granellino insignificante di fronte alla preponderanza e alla pervasività del Sistema Mondiale Globalizzato (cioè Internet). Ora, guardiamo la cosa con calma. Prendiamolo sul serio. Ti dice “Non sei connesso” e questa informazione, ovvio, te la deve dire. E’ la realtà dei fatti, baby, piaccia o non piaccia è così. 
Però la butta subito sulla valorizzazione della persona (di te, proprio di te): E il Web non è lo stesso senza di te. Questo, insieme al cuoricino spezzato del disegno, ti rincuora un po’ (vabbè, un pelo ruffiano, ma lasciamo perdere questo aspetto). Cioè, ti dice, ti rassicura, io non ci sono, ma quelli comunque sentono la mia mancanza. Ovvero, tu non sei irrilevante, ovvero tu contribuisci al web, non sei un semplice fruitore. Possiamo dire, azzardare, che c’è un accenno ad un pensiero creativo. Tu puoi aggiungere valore al web. Che poi è così: se solo ce lo ricordassimo più spesso. 
E non trascura di fornirti speranza, di non farti naufragare nel disagio: “Verrà riattivata la connessione” è come un amico, un parente, che ti dà una pacca sulla spalla e dice coraggio, andrà tutto bene, tutto si risolverà, vedrai. Vero o non vero, è la cosa che ci vuole, in questo momento drammatico. 
Poi certo ti fornisce alcuni semplici consigli, di quelli che li penseresti da solo (saranno attaccati i cavi?, il wireless è acceso?), ma almeno ti ha messo un po’ di buon umore. 
Facendoti capire che tu conti, come persona. Ovvero, dicendo la semplice, rivoluzionaria verità. 

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Quando arrivò Mosaic…

Arrivò Mosaic, come uno schianto. Mosaic era una finestra su un mondo incredibile, con delle potenzialità assurde, impreviste, straordinarie. C’era questo pannello che quasi magicamente si riempiva di contenuto – piano piano, si intende – digitando una stringa di un indirizzo Internet. Immagini, figure. Cose elaborate altrove che piovevano dentro il proprio elaboratore. Siamo nell’angolo più remoto degli anni novanta, il loro inizio; secolo scorso, millennio passato.
Era una cosa alla quale non eravamo abituati. C’era già il protocollo FTP, c’era la posta elettronica. Esisteva la possibilità di spostare bit da un computer ad un altro, anche molto lontano. C’erano sistemi come Gopher che iniziavano ad abituarci al concetto di server al quale accedere – perlopiù in modalità testuale – per consumare dei contenuti. Certo c’era la rete Usenet, per i forum. Il BBS associato alla rivista MCmicrocomputer; iniziava insomma già a percolare l’idea di connettersi ad un computer remoto per scaricare software.

All’Osservatorio di Teramo (dove bazzicavo al tempo) c’era la rete, certo. Era la rete DECnet, che collegava i computer VAX del centro calcolo con il mondo esterno. Del sistema VAX ricordo alcune caratteristiche interessanti, come il versioning automatico dei file (ogni nuovo salvataggio di file veniva automaticamente etichettato con un numero progressivo, in pratica non ti potevi perdere nulla), e il fatto che il protocollo di posta fosse diverso da quello al quale siamo abituati.  La rete DECnet aveva delle sue specificità. Tanto per dire, all’atto dell’immissione dell’indirizzo email la rete provvedeva instantaneamente alla verifica dell’esistenza del destinatario; qualora non lo trovasse, era impossibile proseguire oltre.

C’era tutto questo, e ovviamente altro ancora. Mancava però ancora una possibilità di questo tipo. Questo: era una cosa nuova, caricare una pagina web aveva di colpo un sapore tutto diverso… cominciavi a sentire il sapore di una vera rivoluzione. 

E tu, ricercatore, borsista, persona che bazzicava istituti scientifici, eri in prima linea. Avevi l’idea di un mondo nuovo che stava arrivando, di cui la gente là fuori non sapeva ancora nulla.

E poi c’era l’aspetto creativo.

Potevi iniziare a creare dei contenuti che sarebbero stati visibili, potenzialmente, in tutto il mondo…

E’ vero che le pagine web che caricavi non avevano niente a che spartire con i siti attuali, farciti di istruzioni AJAX e interattivi in ogni più piccola parte. La pagina web di allora era veramente un ipertesto, con parole (molte) e immagini (poche e piccole, vista la lentezza del trasferimento dei dati).
Così aprivi il computer dell’Istituto (Internet a casa nemmeno a parlarne, appunto: Internet nessuno sapeva cosa fosse, nessuno sapeva ancora che ci fosse), caricavi Mosaic. Sceglievi una pagina (non erano molte: tanto e vero che esistevano dei veri e propri cataloghi dei siti web, anche in forma cartacea) e aspettavi paziente che si caricasse. Appena i dati erano pronti, il sistema faceva il rendering, e per te era comunque una piccola meraviglia.
Tornavi a casa e forse nemmeno nei pensieri più arditi ipotizzavi che di lì a qualche anno avremmo avuto praticamente tutti l’accesso domestico illimitato e permanente al mondo del web. Era già azzardato pensare di poterlo avere a casa. A casa, come veicolo di intrattenimento domestico, c’era la televisione.

Certo c’era il personal computer, ma il veicolo principale per scambiare software erano i dischetti e poi il compact disk. Ogni computer era perciò come una monade, era un universo a sé stante, con poche via di accesso, molto ben definite. Ora non abbiamo idea della quantità di servizi che utilizzano la rete – o meglio, ne abbiamo idea solo quando per qualche motivo ci si trovi fuori rete.

A volte penso che sono fortunato. I miei figli sono già cresciuti nell’era della rete. La vera discontinuità, il punto di svolta, non l’hanno vissuto, in pratica. Avere ricordi di quando la rete non c’era e nello stesso tempo essere immersi nell’era telematica. Non è da tutti.

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Chrome o Safari. E domani?

Non so se vi interessa, comunque ve lo dico. Dopo varie peripezie attraverso i browser più diversi, alla fine mi sono attestato su un paio di loro. Intorno ai quali oscillo. O meglio, oscillo in maniera dominante intorno a Chrome, con delle fluttuazioni che raggiungono Safari. 

Ho alle spalle un lungo passato di utilizzo di Firefox. Anni e anni di intensa e giornaliera frequentazione, un amore lungo e fedele (beh con qualche scappatella verso Flock se qualcuno ancora se lo ricorda). Ma devo fare outing: prima ancora, nella lontana epoca in cui usavo Windows a casa, mi innamorai di Internet Explorer. Eh sì. A suo tempo era l’unico che aveva una eccellente gestione offline delle pagine già caricate. La cosa aveva molta importanza perché la connessione Internet casalinga era “a tempo”  e si pagava per i minuti di connessione effettuati (eravamo nel millennio precedente, dopotutto).

Scavando all’indietro, ricordo come fossi – forse ancora prima – affezionato a Netscape. Questo durò più o meno finchè non arrivò Netscape 6 (da Wikipedia ritrovo una indicazione cronologica: eravamo nel 2000, probabilmente). Poderoso: in termini di peso, non di prestazioni. Sancì rapidamente la fine di un amore.

Il (mio) primo browser…
(Wikipedia, licenza CC BY-SA 3.0)

Per non dire (ma lo dico) che ho vissuto i primi vagiti del web, la vera epoca dei pionieri, quando l’unico browser era Mosaic. A quel tempo nessuno sapeva cosa fosse Internet, nessuno sapeva proprio – in pratica – che ci fosse Internet. Era qualcosa legato agli istituti di ricerca e pochissime altre realtà. Per dire, Facebook non esisteva, Twitter nemmeno: inconcepibile eh?

Internet: la gente non aveva ancora capito che di lì a poco non ne avrebbe potuto fare a meno.

Mandando avanti veloce, rieccomi al passato prossimo. Mi rivedo utente di Firefox, con tutte le sue brave estensioni, a leggere di un nuovo browser, Google Chrome. A pensare, poi: ma che bisogno c’è di un altro browser? Stavolta quelli di Google hanno preso una cantonata.

Eppure quando lo scarichi, lo provi, e rimani colpito per la velocità e la leggerezza… c’è stato un momento di interregno, Firefox era sovrano per quanto riguarda le estensioni, ma Chrome aveva un approccio leggero e minimalista che pian piano affascinava sempre più. Quando sono arrivate le estensioni di qualità per Chrome, per me si è chiusa la partita. Almeno con Firefox. A quel tempo ero utente linux e dunque Safari non lo consideravo proprio (allo stesso modo ma in maniera più definitiva, ho salutato Internet Explorer ormai da diversi anni).

Siamo al presente, ora. Quello che mi piace di Chrome, potremmo riassumerlo così

  • Multipiattaforma. Gira su ognuno dei maggiori sistemi operativi.
  • Ha un sistema di estensioni (appunto) veramente valido e completo
  • Ha aggiornamenti frequenti
Safari per parte sua è veloce, sembra più snello, mi sembra che carichi le pagine in maniera più fluida, sul mio vecchio MacBook. Però… però non ha le estensioni che mi servono. Non c’è hootsuite per programmare i post sui social network a diversi orari: e io questa cosa la uso moltissimo, per le news di GruppoLocale.it … Il sistema per scorrere in maniera visiva la cronologia e i bookmark è veramente molto carino (fino a che non lo tolgono – come il cover flow di iTunes… sigh). 
Google Chrome: minimalista ma funzionale
Dunque siamo arrivati fin qui per dire questo. Per adesso sono con Chrome, anche se ogni tanto mi concedo dei giretti su Safari, appunto. Finirà anche questa storia? Arriverà qualcuno a prendere il posto del browser di Google? 
Non lo so, ma sono disposto a farmi sorprendere… 😉
Qual è la vostra storia? In quanto è diversa da quella che avete letto? Raccontatela nei commenti… 

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