Microsoft ed Android, prove tecniche di convergenza

In questi tempi di progressioni furibonde e di convergenza sempre più spinta tra fisso e mobile, c’è una cosa che mi pare particolarmente degna di nota. Una cosa da seguire con attenzione, in questo  nostro piccolo laboratorio. Del resto, ogni ipotesi e schema di convergenza è interessante. E’ un allaccio di universi distinti, una strada di amicizia tra protocolli diversi. Un cammino che non è scontato a priori, ma è sempre una avventura.

Sappiamo bene della convergenza che è in atto da diversi anni, nell’interno del mondo Apple: chi ha un telefonino e un computer con il celebre marchio della mela morsicata, si trova piano piano a disporre di un ambiente integrato e sempre più omogeneo, con possibilità estesa di dialogo tra i vari apparecchi, con possibilità di riprendere il lavoro spostandosi da uno all’altro apparecchio, sincronizzazioni automatiche, e via di questo passo. Indubbiamente molto comodo.

Prove tecniche di convergenza (vabbè, con un po’ di cammino…) 

L’altro lato della faccenda, è che se ti capita di mettere un piede fuori da questo ecosistema, iniziano le difficoltà, cominciano i guai.

Se poniamo (non sia mai) ti risolvi a ritornare su Android, per il tuo smartphone, ma ti mantieni più o meno aderente ai dettami Apple in quando computer e/o portatile, devi certamente venire a patti con una prevedibile difficoltà di interfaccia, tra i due mondi. Per esempio, se colleghi il tuo Android al tuo iMac, non ti aspettare che avvengano cose particolarmente audaci.

Infatti, non accade nulla.

Certo, puoi montare Android File Transfer, così hai accesso ai file del tuo telefono, da computer. Ma in modo parecchio spartano, peraltro.

Ovviamente, se invece colleghi l’iPhone all’iMac, ti si apre un mondo. Sempre secondo quanto è stato già stabilito da altri, però. Esempio, il trasferimento della musica lo fai solo attraverso iTunes, altrimenti te lo scordi proprio. Il filesystem dell’iPhone è peggio della materia oscura, del resto: non lo vedi proprio, per quanto lo cerchi. Al di là di questo, che può piacere o no: indubbiamente l’ambiente ti viene incontro per facilitarti in quel che devi fare.

In questo contesto, è degno di nota lo sforzo di Microsoft la quale – dopo aver abbandonato il tentativo di sfondare con i suoi Windows Phone (chi ce l’ha ancora?) – si sta applicando seriamente per realizzare una convergenza virtuosa tra il sistema Windows e i telefoni Android. Le ultime notizie vanno sempre più in quella direzione, ed è francamente incoraggiante, per chi (come me) ha fatto da tempo la scelta di rientrare in Android e ora si trova anche felice possessore di un sistema Windows, il Surface 4.

L’obiettivo di una reale convergenza tra sistemi in linea di principio eterogenei – perché Google e Microsoft sono ovviamente due entità diverse – è reso più facile dalla plasticità intrinseca del sistema Android, in contrasto con il capillare controllo che invece Apple detiene sul suo sistema mobile (anche qui, pro e contro, non ci dilunghiamo).

Concretamente? Su Android posso cambiare launcher, se mi stanco di quello “della casa”. Posso scegliere tra varie possibilità, e cambiare secondo i miei gusti, o le mie risorse hardware. Questo lo dico ogni volta che un aficionado Apple (niente di male, lo sono stato anche io) inizia a magnificare la brillanza e l’omogeneità di iOS (la risposta ovvia che mi viene data, è “ma perché dovrei voler cambiare?”).

Niente, a me piace cambiare. Sopratutto mi piace la libertà di poterlo fare.

Tornando a noi, la mossa intelligente di Microsoft – che prende fiato proprio dalla architettura più aperta di Android – è quella di aver ideato e distribuito Arrow, un suo launcher, ovviamente progettato per rendere possibile questa convergenza. E’ da un po’ che lo uso sul mio glorioso Galaxy Note 3 e devo dire che, convergenze a parte, è realizzato molto bene e in modo intelligente. E’ facile configurarlo ed è un piacere usarlo.

E poi la convergenza comunque aumenta, aumenta ad ogni aggiornamento (e gli aggiornamenti sono parecchio frequenti), come si vede. Qui sotto, vedete come mi si presentavano le novità dell’aggiornamento più recente.

Così, mi piace e mi intriga questa ricerca di un ambiente comune per due entità in principio molto diverse (anzi, competitor), che trovano in questa convergenza, evidentemente, un mutuo vantaggio. Mi piace la scelta di Microsoft che, una volta accolta la sostanziale sconfitta del progetto Windows Phone, abbia imboccato una strada virtuosa e feconda: come dire, se non puoi batterli, allora fatteli amici. Se non puoi sconfiggerli, allora lavoraci insieme. 

E’ sostanzialmente  – al di là di ogni retorica – un approccio aperto, pensato per interfacciarsi con chi è diverso, massimizzando le possibilità di contatto, di scambio. Lavorando a smussare le differenze, o meglio, a fare sì che non siano ostative di un vero rapporto di scambio, di una reale interazione.

Al di là dei motivi squsitamente commerciali (le ditte sono ditte, non enti di beneficienza) che potremmo ci sono e pure potremmo analizzare, mi piace approfondire, capire questa attitudine.

Per  far questo, infatti, devo avere un atteggiamento aperto verso l’altro, devo assorbirne i caratteri, il modo di essere, e sintonizzarmi di conseguenza. Devo prima guardare, capire, assorbire l’altro. Uscendo fuori dai miei schemi. Ci vuole disponibilità, concretezza, anche molta umiltà.

Lungi dal demonizzare il mio avversario, del dire – o pensare – me ne frego (come purtroppo capita), mi aspetta un paziente lavoro di ricerca di punto di contatto. Mi aspetta un lavoro di inedita relazionalità, nell’interesse comune. Un lavoro, probabilmente, che trova un suo specifico accordo con le linee di forza dell’universo (azzardo, lo so, ma è bello pensare così), poiché alla fine l’universo non è altro che un sistema relazionale, come ci dice il fisico Antonio Bianconi.

Tutte cose su cui è interessante riflettere. Tutte cose utili, a ben pensarci, anche fuori dall’ambito di computer e telefonini. Anzi, se possibile, molto più utili e fecondi esattamente fuori da tale ambito. 

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Tu conti, come persona

L’abbiamo detto tante volte, ormai la connessione globale, continua, è la norma, per tutti. 
L’eccezione è quando non si dispone di accesso alla rete, semmai. E’ un caso che è sempre più improbabile, sempre meno gestibile (ovvero accettabile, per il senso comune), via via che il tempo passa. Non vi annoierò raccontandovi di come era prima, prima che ci fosse Internet, e poi delle connessioni a consumo, quando si stava collegati appena pochi minuti e il contatore girava, e tutte queste cose qui.
No, oggi vado a vedere come reagiamo, come reagiscono i nostri strumenti di elezione – i browser – quando si trovano di fronte l’imbarazzante ed improbabile evento di non avere connessione alla Grande Rete Universale. 

Non è una indagine con velleità di completezza. Nemmeno, che voglia dimostrare qualcosa. Giusto una curiosità, tanto per vedere. 
Ecco come reagisce Chrome, ad esempio, se si è improvvidamente fuori rete. 

Il tono è parecchio sobrio, ti informa che niente, non puoi navigare. Vedi un po’ tu, allora, di risolvere la questione, perché così è francamente intollerabile: il dinosauro lì mostrato, unico accenno ad un approccio un po’ ilare del problema, ti fa capire che sì, ecco, giusto i dinosauri, loro non avevano Internet, e non c’è nessuna necessità ed utilità di stare senza rete. Tra l’altro, senza rete Google ci perde, perché non passa la pubblicità, insieme ai siti. E’ il caso, dunque, di rimanere all’epoca dei dinosauri? Dài, spicciati a risolvere il problema. Ritorna online, ritorna fruitore. Non ci far spazientire.
Vediamo ora come reagisce Firefox
Anche esso molto sobrio, anzi di più: non compare nemmeno un dinosauro (per dire). Ma alcune informazioni ti aiutano a capire se è un errore umano oppure di qualche altro tipo. Sembra sotto sotto, comunque, che ci sia un po’ di speranza, un po’ più di speranza rispetto alla desolazione di Chrome offline, tutto sommato (secondo me Chrome soffre ad essere offline). Cioè, il problema esiste, siamo d’accordo, ma forse si può ancora fare qualcosa. Già Impossibile contattare il server, fateci caso, è meno disperatamente drastico di Connessione Internet assente. 
Le parole non sono a caso; le parole sono importanti. 

Per me la cosa più bella però è la reazione di Edge, il nuovo browser di casa Microsoft. 
Diciamolo: è l’unico che cerca di rianimarti un poco. Intanto ti fa capire che tu esisti. Che non sei un granellino insignificante di fronte alla preponderanza e alla pervasività del Sistema Mondiale Globalizzato (cioè Internet). Ora, guardiamo la cosa con calma. Prendiamolo sul serio. Ti dice “Non sei connesso” e questa informazione, ovvio, te la deve dire. E’ la realtà dei fatti, baby, piaccia o non piaccia è così. 
Però la butta subito sulla valorizzazione della persona (di te, proprio di te): E il Web non è lo stesso senza di te. Questo, insieme al cuoricino spezzato del disegno, ti rincuora un po’ (vabbè, un pelo ruffiano, ma lasciamo perdere questo aspetto). Cioè, ti dice, ti rassicura, io non ci sono, ma quelli comunque sentono la mia mancanza. Ovvero, tu non sei irrilevante, ovvero tu contribuisci al web, non sei un semplice fruitore. Possiamo dire, azzardare, che c’è un accenno ad un pensiero creativo. Tu puoi aggiungere valore al web. Che poi è così: se solo ce lo ricordassimo più spesso. 
E non trascura di fornirti speranza, di non farti naufragare nel disagio: “Verrà riattivata la connessione” è come un amico, un parente, che ti dà una pacca sulla spalla e dice coraggio, andrà tutto bene, tutto si risolverà, vedrai. Vero o non vero, è la cosa che ci vuole, in questo momento drammatico. 
Poi certo ti fornisce alcuni semplici consigli, di quelli che li penseresti da solo (saranno attaccati i cavi?, il wireless è acceso?), ma almeno ti ha messo un po’ di buon umore. 
Facendoti capire che tu conti, come persona. Ovvero, dicendo la semplice, rivoluzionaria verità. 

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Windows VISTA AERO vs Linux Ubuntu Beryl

Certo, il sottoscritto è davvero arrivato.. buon ultimo, nello scoprire la quantità di video dedicati ai sistemi operativi presenti su Youtube…! Ciò detto, ho apprezzato particolarmente questo video che confronta il desktop 3D di Vista con una istallazione Ubuntu con Beryl: bene, posto che Vista è senz’altro gradevole, mi pare che a Ubuntu/Beryl non manchi davvero nulla…

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OpenOffice.org Writer vs. Microsoft Word

Linux.com ospita oggi un interessante articolo ove si confrontano i due popolari programmi di Word Processing MS Words e Openoffice.org, il suo antagonista open-source . Il confronto è piuttosto dettagliato ed instruttivo, direi. Per essere precisi questo è il terzo round, e gli altri due confronti sono stati fatti nel 2002 e nel 2005: in tal modo si ha una percezione dell’evoluzione dei rispettivi software.

Dal confronto Openoffice.org emerge complessivamente come vincitore; peraltro l’autore dell’articolo avverte come la situazione potrebbe anche modificarsi presto: difatti, in molte “categorie” del confronto, l’attribuzione del “vincitore” non è stata facile come nelle edizioni precedenti…

As in the previous two comparisons, Writer emerged as the winner in the majority of categories. However, in many categories, the decision is not as obvious as in previous comparisons. For the first time in several releases, Word’s designers seem to be making significant changes. These changes are not always successful — in fact, the reordering of menus into ribbons might be seen by the cynical as an attempt to hide some long-term embarrassments, such as the ongoing problems with master documents. But at least the effort is being made. Writer, by contrast, seems to be standing still, and some of its problems — notably, cross-references — are almost as long-neglected as some of Word’s.

Linux.com :: Office software shootout: OpenOffice.org Writer vs. Micosoft Word, round three

E visto come procede velocemente il fenomeno dell’office online, è facile prevedere che magari già il prossimo confronto, includa prodotti come Zoho Writer ed anche Google Docs

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